In tempi di campagna elettorale Viva la libertà è il film giusto da andare a vedere. Non tanto perché è incentrato sull’argomento, quanto perché racconta l’avvento di un modo di fare politica diverso, intellettualmente onesto, di cui si sente molto bisogno a prescindere dai colori e dalle bandiere. Tornato alla regia 7 anni dopo Viaggio segreto, Roberto Andò traspone per il cinema il suo primo romanzo, Il trono vuoto (vincitore del Premio Campiello Opera prima) e per farlo si avvale di un Toni Servillo in ruolo “doppio”, quello di una coppia di gemelli che – come vuole la più sfruttata delle casistiche cinematografiche – sono identici nella rassomiglianza ma agli antipodi nella personalità. L’uno, Enrico, è il leader del maggiore partito di opposizione italiano: dichiaratamente di sinistra, è un uomo di potere ma è depresso e appassito nei sogni e nelle aspirazioni. Guida un movimento che pare destinato per l’ennesima volta a perdere le elezioni perché non più in grado di rispondere alle necessità e alle istanze della comunità. L’altro, Giovanni, è un brillante filosofo finito in manicomio anni prima. Ha la cultura e l’intelligenza giuste per essere a sua volta un leader, ma a differenza del fratell, non vive schiacciato dal peso delle responsabilità ed è dunque libero di poter dire tutto quello che si sente, una sorta di moderno fool scespiriano. Quando Enrico sparisce per ritrovare se stesso a pochi giorni dal voto, il suo assistente lo rimpiazza con Giovanni dando il via ad un’inaspettata rimonta elettorale.
Il merito di Viva la libertà è dunque nel modo con cui affronta tematiche così attuali e importanti, che il regista tratta con rispetto ed equilibrio, non indugiando sui mea culpa tipici della sinistra italiana, ma nemmeno “tirando via” le situazioni per lasciare che si concludano con italico qualunquismo. Alla sensibilità con cui è scritto e costruito, il film aggiunge una bella performance di Servillo, che correva il rischio di risultare troppo marcata e pesante per l’interpretazione di Enrico, quanto sopra le righe per quella di Giovanni, ed è invece bilanciata ed emozionante al punto giusto per riuscire nell’intento principale: quello di far sentire agli spettatori, anche se solo per un’ora e mezza, il soffio di un vento di cambiamento nel paese.
E anche se Andò ha scelto un intero cast in parte – da Valerio Mastandrea, nei panni dell’assistente-spalla di Servillo/Enrico, a Michela Cescon (sempre bravissima) in quelli della moglie di Enrico, fino a Valeria Bruni Tedeschi, qui nel ruolo della donna amata in gioventù da entrambi i gemelli – non si può riconoscergli nell’individuazione di Servillo doppio protagonista l’intuizione grazie a cui il film si fa compiuto. È grazie all’attore di Afragola e al sapiente lavoro fatto da lui assieme al regista, percepibile con il procedere della narrazione, che Viva la libertà tocca alti livelli drammaturgici in un delicato ma stabile equilibrio dettato da due maschere, Enrico e Giovanni appunto, che mettono in scena la fragilità e l’inadeguatezza un momento, per lasciare spazio subito dopo al tema della doppiezza insita in ognuno di noi, vera chiave dell’opera.
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Mi piace
La prova di Servillo, misurata ed efficace
Non mi piace
La concomitanza elettorale può esere un valore aggiunto, ma potrebbe anche scoraggiare qualcuno ad assistere a un film che tratta un tema che invade già la TV dalla mattina alla sera
Consigliato a chi
Ama il cinema politicamente impegnato ma comunque appassionante
Voto: 4/5
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