Upside Down: la recensione di Emilia Iuliano

Vorrebbe essere uno sci-fi a tinte romantiche, ma si presenta come una commedia sentimentale dalle (appannate) atmosfere fantascientifiche. Tutto il film, nonostante gli intenti e la volontà di ampliare gli orizzonti accarezzando suggestioni epiche e problematiche di grande attualità, finisce per reggersi su un unico tema-perno, quello dell’amore proibito di shakespeariana memoria. Che grazie a Twilight e i suoi epigoni young adult è tornato grande protagonista del cinema contemporaneo.
A dividere i due eroi, tuttavia, non sono né famiglie rivali, né anime eternamente dannate, né Dna sovrannaturali. Ma la fisica. Adam ed Eden (Jim Sturgess e Kirsten Dunst, che mostrano una discreta alchimia e offrono una buona prova di coppia) appartengono a un piccolo sistema solare con due pianeti speculari, governati da gravità opposte, ma entrambi soggiogati dalle leggi della potente e spietata oligarchia del Mondo di Sopra – al quale appartiene la ragazza –, che sfrutta le risorse ambientali (il petrolio) del Mondo di Sotto, lucrando sui suoi abitanti, praticamente schiavi in “libertà vigilata” – tra essi, ovviamente, c’è il ragazzo –. L’unico contatto consentito e “sicuro” (la materia di un Mondo brucia a contatto con quella dell’altro*) tra le due realtà è negli stabilimenti della MondodiMezzo, l’azienda dei “piani alti”, che controlla le principali attività economiche dell’universo. I due giovani si incontreranno ai vertici dei rispettivi mondi, sulle sommità delle Montagne Sagge, legandosi in un amore (letteralmente) sconfinato, che li porterà a infrangere tutte le regole, a costo della loro stessa vita.
Uno spunto di partenza sicuramente originale, che amalgama sapientemente influenze e suggestioni note con la funzione di ancore in un scenario articolato, ma non trova la sua strada.
Upside Down, il primo lungometraggio di finzione di Juan Diego Solanas (figlio del Fernando di Sur), infatti, è divorato da una fame bulimica, i cui sintomi si manifestano fin dai primi secondi. Contravvenendo a una delle più semplici, efficaci e collaudate norme di linguaggio cinematografico: tutto ciò che viene detto anziché essere mostrato è perso per il pubblico. E palesando la consapevolezza di una messa in scena e una sceneggiatura deboli.
L’autore sceglie di prenderci per mano e di guidarci nel suo sistema solare con un lungo monologo fuori campo del protagonista, che ci spiega geografia, regole e leggi di questo universo extraordinario, mentre sullo schermo le sue parole prendono forma di disegni e incisioni antiche del nostro mondo, e che scomodano anche Platone e il suo Simposio. Semplicemente perché immagini e azioni successive non risulterebbero esaurienti. E nonostante le didascaliche premesse, sono evidenti le lacune dello script (banalmente: seguendo le regole elencate nell’incipit e accennate sopra*, un bacio tra i due amanti dovrebbe provocare un incendio, ma ciò non accade; Adam dovrebbe subire una combustione degli organi interni ingerendo i frutti prelibati del Mondo di Sopra… e molti altri esempi che non vi riportiamo perché sarebbero spoiler rovinosi), nel quale Solanas fa convergere citazioni filosofiche, omaggi cinefili (da Gattaca e I guardiani del destino) e invettive socio-economiche.
Una scelta audace, che forse manca dell’esperienza necessaria di un addestrato giocoliere del grande schermo. Come speriamo un giorno possa rivelarsi il regista.
Lo spunto di partenza e i temi imbastiti (dalla lotta di classe ai possibili disastri derivanti da uno sfruttamento selvaggio del pianeta) avrebbero potuto essere approfonditi e dare un maggiore spessore all’intero film, che tuttavia può vantare spettacolari visioni e scene oniriche di grande impatto come il tuffo nell’oceano di Adam che si tramuta prima in volo e poi in una caduta vertiginosa da un mondo all’altro, causata dal gap di gravità.

 

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Mi piace
L’originale spunto di partenza. Le spettacolari visioni e le scene oniriche di grande impatto che il regista riesce a inserire in una messa in scena e uno script lacunosi.

Non mi piace
Il regista sembra divorato da una fame bulimica di generi e suggestioni e messaggi. Mette troppa carne al fuoco, ma non è capace di gestire l’abboffata.

Consigliato a chi
ama il romanticismo degli amori impossibili alla Romeo e Giulietta, condito di tutto un po’.

Voto
2/5

 

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