È il 17 agosto del 2004 quando cui una ragazza veronese di 16 anni appena compiuti, stupisce l’Italia e il mondo vincendo la medaglia d’argento nei 200 metri stile libero alle Olimpiadi di Atene, dando così il via a una carriera leggendaria che ne avrebbe fatto una delle donne più vincenti della storia dello sport azzurro. Oggi, diciassettenne anni dopo, Federica Pellegrini è la primatista mondiale in carica dei 200 metri stile libero e la primatista europea dei 400 metri stile libero. Ed è l’unica nuotatrice della storia ad aver raggiunto la finale olimpica nella stessa disciplina, i suoi amati 200 metri, per 5 edizioni consecutive dei Giochi.
Underwater è un film evento che resterà in sala alcuni giorni e che ci accompagna nell’ultimo viaggio agonistico della Pellegrini, quello della qualificazione alle Olimpiadi di Tokyo e della sua ultima finale a cinque cerchi. Un viaggio che nel racconto cinematografico avrebbe dovuto inquadrare poco più di 200 giorni, a partire dai collegiali invernali di inizio 2020, ma che a causa del Coronavirus e del rinvio di un anno delle gare diventa anche il racconto di un percorso umano e di un commiato sportivo molto più complicato di quanto avrebbe potuto essere.
Dentro questo racconto si aprono però i ricordi di tutta la carriera della Pellegrini, davanti e dietro le quinte, attraverso la voce e i volti dei genitori, e quella degli allenatori più importanti, ovvero l’amatissimo Alberto Castagnetti, l’uomo che liberò tutta la sua velocità e la crebbe quasi come un padre, portandola all’oro olimpico e a 11 record mondiali, e Matteo Giunta, che la rilanciò dopo il fallimento di Londra 2012 portandola ai due incredibili ori mondiali di fine carriera, a Kazan e Budapest. E che è diventato infine il suo compagno di vita.
Underwater è dunque questo, il diario in diretta di una straordinaria carriera che tramonta, tra gli ultimi bagliori, ricordi pazzeschi e incredibili imprevisti, se così vogliamo chiamare la pandemia. C’è in tutto questo una grande generosità nel raccontare la propria intimità, la stessa che la Pellegrini ha già mostrato nell’utilizzo dei social network, e quindi nel film sono presenti ampie panoramiche della sua vita domestica assieme a Giunta e alla cagnolina Vanessa, nella villetta affacciata sui navigli veronesi. E poi slanci emotivi, litigate a bordo vasca, pianti e riconciliazioni. È un cinema che, in questa porzione, si fa in qualche modo estensione-reality della dimensione social delle star, come già succede, televisivamente parlando, in show come I Ferragnez, ma che influenza anche programmi scripted come Vita da Carlo, dove quella dimensione è soltanto simulata.
Non c’è dubbio però che in Underwater tutti gli elementi contribuiscano a comporre un ritratto unico e coerente del personaggio e della sportiva, perché se la Pellegrini è riuscita a rimanere per quasi vent’anni al vertice dello sport mondiale, con una costanza che ha pochi eguali nella storia di tutte le discipline, le ragioni vanno ricercate in una ricetta in cui ricadono ingredienti diversi, caratteriali, genetici, storici e ambientali, quindi geografici e familiari. E un documentario come questo aiuta a mettere in naso dentro questa formula, ad annusarne meglio le componenti.
L’umanità della Pellegrini ha un che di poderoso, le sue lacrime, le sue crisi, i suoi sfoghi come le sue risate, restano impresse nella mente come le sue bracciate. La sua vigoria incontenibile, ben raccontata da quella meravigliosa frase della madre – «Mia figlia è una bestia» – espressione di orgoglio tutta veneta, e la sua fragilità psicologica, sempre suggerita dal racconto pubblico, sono i due lati della stessa medaglia e la natura di un romanzo che ci ha appassionato, emozionato e commosso per quasi vent’anni.
E che ora è diventato quello che in fondo, nella nostra testa, è sempre, stato: un gran bel film. Underwater è in sala come uscita evento il 10, 11 e 12 gennaio 2022.
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