Un giorno di pioggia a New York: la recensione di Mauro Lanari

Anch’Allen ha perso la partit’a scacchi con la morte. Il suo alter ego Roland Pollard (Liev Schreiber) reagisce alla propria produzione artistica considerandola “un fumante mucchio di merda esistenziale”: “tutto quello che ho fatto fa schifo”, “fa vomitare” ed “è umiliante”. Abbandona la saletta di proiezione privata e se ne va “gironzolando tra i set giocando a fare ‘Viale del tramonto'”. Lo sceneggiatore Ted Davidoff (Jude Law) cerca di convincerlo che si tratti della solita crisi creativa, ma Pollard ricompare solo per chieder’ubriaco ad Ashleigh Enright (Elle Fanning) di fuggir’assieme nel sud della Francia: una nuova musa per un nuovo inizio. Non c’è spazio per la bergmaniana fuga nostalgica ne “Il posto delle fragole”: la “pillola rossa” di “Matrix” ha un effetto devastant’e il resto del film è un implacabile gesto autodenigratorio sulla propria gioventù biografica e registica, il Gatsby Welles di Timothée Chalamet, con le sue speranze, desideri, velleità, amori, progetti, battute umoristiche, è ridicolo e l’ingenuità giovanile non lo giustifica. Alle 18 nel Central Park Zoo prend’avvio l’ennesim’inganno.

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