Tutta un’altra vita: la recensione di Mauro Lanari

Da quando, ormai oltre 40 anni fa, s’è compiuta la massificazione del weberiano “disincanto del mondo” e chiunque ha dovuto esperire la triplice inefficacia soterica dell’aspettative spirituali, tecnoscientifich’e sociopolitiche, quest’inedito disastro storico non poteva non abbattersi anche sulla commedia (all’)italiana: un fallimento come risata e com’amarezza, nel caso specifico né il Sordi de “Il tassinaro” né il De Niro di “Taxi Driver”. Apologia d’un “carpe diem” che con l’aggravarsi della volatilità è regradato in “carpe momentum”, si sono spiaggiati pur’antropologi, fenomenologi, filosofi, teologi: eludend’il problema, esso non verrà risolto ma nemmeno rimarcato, sottolineato, evidenziato, esacerbato. Disperàti e rassegnàti, è il tempo cronicizzato dell'”operazioni nostalgia”: neoeudaimonie aristoteliche, neomarxismi ottocenteschi, neoteocon pro-life che saldano USA, UE & Russia, oppure combinazioni teorematiche, corollaristiche, derivative di paradigmi mythos-logos già confutati (la paleoastronautica, il singolaritanismo/singolaritanesimo, altre mirabilia sincretistiche “next age”). Ed è il tempo estenuante di film con Brignano come protagonista del Null’odierno, dov’il “tutta un’altra vita” cela maldestramente l’italianissim’arte d’arrangiarsi tra furbate, doppiogiochismi, imposture, illegalità. “Nel secolarismo i santi bisogn’averli nei paradisi fiscali”.

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