Al suo terzo film, Robert Eggers si è già imposto all’attenzione del cinema mondiale come regista cult dal prezioso valore espressivo: se The Witch è stato una sorpresa e Lighthouse una prima riconferma, è con The Northman che può consacrarsi definitivamente ad altissimi livelli.
Eggers parte da Shakespeare, come buona parte della narrativa drammatica trasposta su grande schermo, ma scava ancora più a fondo: arriva a Saxo Grammaticus, storico medievale danese del XII secolo e autore delle Gesta Danorum, opera nella quale viene narrata la vicenda del principe Amleth o Amleto. La storia, quindi, si muove in territori già noti e codificati: dopo l’uccisione del padre per mano dello zio usurpatore, Amleth si lascia consumare dalla rabbia e dalla vendetta, fin quando non riesce a placare la sua sete di sangue.
Se l’immortale opera del Bardo era ambientata tra le stanze dei palazzi del potere della Danimarca, The Northman sceglie invece di estendere al massimo la portata geografica del racconto: dalle coste irlandesi ai fiumi dei territori dei Rus’ (attuale Ucraina, Bielorussia e Russia Occidentale), fino all’artico islandese. Nella natura incontaminata di un continente ancora in piena epoca medievale, l’unica legge è quella della violenza, brutalmente espressa dall’Amleto interpretato in versione Berserkr da Alexander Skarsgård.
Sangue, vendetta, il destino e la sua ineluttabilità sono le coordinate classiche che guidano il racconto di Eggers, che si inserisce in un ricco filone che comprende The Revenant, Il Gladiatore, Braveheart, Ben Hur e il nostrano Il Primo Re. Rispetto a questi, The Northman sfrutta un’ambientazione – quella norrena – più naturalmente portata alla brutalità ferina, esaltata non solo da una messa in scena mastodontica sia per cura filologica che per impatto visivo, ma anche da una scrittura figlia di due sensibilità evidentemente affini – quella di Eggers e del poeta islandese Sjón – in grado di restituire un linguaggio tanto evocativo quanto drammaturgicamente potente.
Come Amleth è chiamato a scegliere tra la benevolenza dei suoi cari e la vendetta scritta nel suo destino, così Eggers ha dovuto sacrificare qualcosa all’altare della sua espressione artistica: The Northman è di gran lunga il suo film più accessibile, condizionato da imposizioni produttive che hanno portato al taglio del minutaggio e all’inserimento di alcune scene più didascaliche e svilenti. Una sensazione pervadente che lo rende meno oscuro e più diretto, il potenziale belluino e disturbante apprezzato in Lighthouse risulta qui invece palesemente imbrigliato.
Nel circolo del fan già si spera in una director’s cut unrated di The Northman, una versione che possa rendere onore all’ideale epico puro di un regista il cui realismo magico ha superato brillantemente la prova di un film più corposo, costoso e commerciabile – ma non per questo meno artisticamente visionario.
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