1859, Patrick Sumner (Jack O’Connell, Unbroken e Godless) è un medico in fuga dal suo passato nelle guerre coloniali dell’Impero britannico in India e sceglie una baleniera in partenza da Hull per farlo. L’intera spedizione sembra boicottata dallo stesso capitano Arthur Brownlee (Stephen Graham) e a bordo trova un micro-mondo fatto di violenza e cameratismo, il cui massimo esponente è il primo arpioniere Drax (Colin Farrell). Non ci vuole molto prima che un omicidio sulla nave faccia scalare sullo sfondo la caccia alle balene.
Se l’ambientazione richiama The Terror, l’impianto narrativo di The North Water – serie in uscita il 7 dicembre su TimVision e adattamento del romanzo omonimo di Ian McGuire – è a metà tra i misteri di Agatha Christie e l’allegorica ricerca senza fine di Herman Melville. Dai romanzi della scrittrice di gialli per eccellenza ha mutuato la cornice narrativa di un omicidio in un ambiente chiuso: è il pretesto perfetto per esplorare i caratteri di ogni singolo personaggio e alimentare diffidenze e reazioni compulsive dettate dalla paura o dalla necessità di coprire i propri crimini.
Come in Moby Dick, invece, anche qui è presente quella che Cesare Pavese ha descritto come una «monomaniaca incarnazione di tutte quelle forze malvagie da cui certi uomini profondi si sentono rodere nell’intimo». Nel caso di The North Water non è rappresentata come una balena bianca, ma a tormentare il medico Patrick Sumner e i suoi propositi di redenzione è il volto poco rassicurante e l’estrema brutalità animale di Drax.
L’attenzione pittorica al dettaglio e alla messa in scena storica della serie è estrema, un tableau vivant della caccia alle balene della metà del XIX secolo e dei meccanismi sociali che si instauravano a bordo delle navi, ma lo scontro manicheo tra Bene e Male raccontato nei vari episodi non brilla per verve e mordente e si limita a scivolare sulle fredde acque del Nord.
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