La campanella è suonata e la classe è invitata a prendere posto: la terza stagione di Sex Education conferma tutto quello che c’è di buono nella serie inglese creata da Laurie Nunn e diventa sempre più audace. Un corso avanzato sulla sex positivity di oggi e su tutte le sue ampie sfaccettature.
Il punto di partenza è che c’è un nuovo sceriffo alla Moordale: la “scuola del sesso” ha deciso di dare un taglio alla narrazione lasciva e libertina che l’accompagna e di affidarsi alle cure di una preside (Jemima Kirke) solo apparentemente alla moda ma in realtà espressione di un conservatorismo ormai anacronistico in materia di sesso, astinenza e soprattutto identità di genere. Quest’ultimo è il tema nuovo all’ordine del giorno di Sex Education, che ancora una volta dimostra estrema naturalezza e precisione nel trattare questi argomenti.
Nella prima stagione la serie aveva stupito per la franchezza e l’ironia con cui ha parlato apertamente di sesso, feticisimi e fantasie, ma in realtà stava solo fornendo un vocabolario comune propedeutico ad affrontare temi più seri e necessari. Lo si è capito meglio nella seconda stagione, che ha insistito sulla violenza sessuale legata al personaggio di Aimee (Aimee Lou Wood), vittima di un maniaco su un autobus, e delle sue conseguenze fisiche e mentali.
In questi nuovi otto episodi, invece, il nuovo argomento caldo è proprio l’identità di genere: cosa significhi essere una persona non-binary che preferisce pronomi neutri, cosa sia una relazione queer e come tutto questo possa esprimersi o integrarsi in un ambiente generalmente ostile come i corridoi di un liceo. Tutto questo viene mostrato tramite Cal (Dua Saleh), primo personaggio non-binary della serie.
Assieme alle vicende più assodate e puramente narrative legate all’amore sfiorato tra Otis (Asa Butterfield) e Maeve (Emma Mackey), la gravidanza in età avanzata della madre sessuologa (Gillian Anderson), i problemi della coppia gay formata da Eric e Adam e tanti altri spunti sparsi tra i vari personaggi, spicca proprio questo scontro più che mai attuale. Da un lato la fascisteggiante preside Hope, che ritiene i problemi di Cal e gli altri “immaginari” e inventati da adolescenti che vogliono credersi speciali, dall’altro la necessità di potersi affermare per chi si è davvero.
Il senso di questa narrazione, a volte spudoratamente volgare ma sempre intelligente, onesta, genuina e aperta, è racchiuso in una frase pronunciata da Otis, alfiere di un sentimento e di un’etica generazionale ampiamente diffusi e in cerca di affermazione: «I problemi di cui parliamo ci sono sempre stati, ma le persone non si sentivano al sicuro a parlarne. È questo che sta cambiando».
Il cuore di Sex Education è qui, nel metodo maieutico con cui affronta temi ancora oggi osteggiati dalla paura dell’alterità: tramite il dialogo e una rappresentazione naturale, vengono poste domande che spingono a ricercare in maniera autonoma dentro di sé una risposta, una verità semplice e quanto mai attuale. Ovvero che persone non-binary, gay, a-sessuate o con strani feticismi alieni sono sempre esistite: la differenza è che ora c’è un vocabolario e uno spazio di espressione nuovo che non dovrebbe spaventare chi non si sente direttamente coinvolto nel discorso.
È questo il grande merito della serie, la maniera documentaristica e pedagogica con cui mette in scena situazioni forse assurde e per qualcuno incomprensibili, ma nondimeno parte di questo mondo che altro non è che una grande, grandissima scuola Moordale.
Foto: MovieStills
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