Il 25 marzo arriva su Netflix la seconda stagione della serie che due anni fa ha saputo raccogliere una larga fetta di pubblico interessato ai drammi storici e alle soap opere, riproposte in Bridgerton in una chiave fresca, pacificamente revisionista e per larghi tratti pop.
Dopo aver visto coronare il sogno d’amore tra Daphne e il Duca di Hastings, i nuovi episodi si concentrano sul personaggio secondario e ora protagonista interpretato da Jonathan Bailey: sebbene tocchi a Eloise debuttare in società, è il capo-famiglia Anthony Bridgerton a dover trovare moglie, perché questo è ciò che ci si aspetta da lui. Sulla carta, il matrimonio di convenienza migliore è quello con il nuovo Diamante della stagione, Edwina Sharma, ma è con al sorella Kate (Simone Ashley) che sembra nascere un sentimento tanto vivo quanto inatteso.
Basata sul romanzo Il visconte che mi amava di Julia Quinn, la nuova stagione di Bridgerton conferma di avere quella tenace verve che caratterizza i prodotti sempre ben inquadrati di Shonda Rhimes: una serie in costume, ma coi ritmi e gli azzardi di un racconto moderno – inclusa la tanto discussa, ma nella pratica del tutto innocua, diversità etnica che sovrascrive i canoni della società regency in cui è ambientata la vicenda.
Al centro c’è di nuovo l’amore, ma il classico melò lascia il posto a temi più freddi e socialmente impegnati: Anthony è diviso tra il ruolo che la società gli impone e il desiderio represso di cedere ad un amore puro e vero, così come Kate sembra aver messo da parte personali ambizioni romantiche per favorire la sorella Edwina. Entrambi nascondono allo stesso tempo lati oscuri che potrebbero avvicinarli se solo trovassero il coraggio di andare contro le imposizioni della società, ancora impegnata in una farsa popolare fatta di balli di facciata e i pettegolezzi di Lady Whistledown.
Tra le tante sotto-trame e letture favorite dalla considerevole durata degli episodi – tutti da più di un’ora – Bridgerton insiste particolarmente su temi proto-femministi: non ne è portavoce solo il personaggio di Eloise, refrattaria ai costumi del tempo e desiderosa di esplorare le sue potenzialità di donna, ma anche la stessa Kate. Più rivoluzionaria la prima, più pragmatica la seconda, ma entrambe accomunate dalla necessità di ribadire un messaggio di eguaglianza di genere ignorato nell’Inghilterra dei primi del Novecento ma più che valido nella società di oggi.
Il risultato è una stagione più corposa e drammatica, talvolta ripetitiva ma che non rinuncia a indugiare su quegli aspetti glamour e piccanti che ne hanno caratterizzato il successo. Dalle scene di sesso alle versioni acustiche di celebri pezzi moderni (Miley Cyrus, Imagine Dragons e via dicendo), Bridgerton offre di nuovo ai suoi fan il giusto mix tra audaci scandali e compiacente lusso.
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