Pinocchio: la recensione di Emilia Iuliano

L’ultimo Pinocchio cinematografico è un adattamento fedele, poetico e raffinato dell’opera di Carlo Collodi. Che alla nota fiaba morale aggiunge un’atmosfera e una dimensione oniriche mai prima d’ora così preponderanti, frutto dell’immaginifica regia di Enzo D’Alò e del tratto pittorico dell’illustratore Lorenzo Mattotti, al quale dobbiamo la creazione di un universo affascinante e dai ricchi contrasti, che incastona personaggi dalle linee semplici in splendidi e articolati paesaggi, realizzati grazie a un software all’avanguardia in tutta Europa nell’ambito dell’animazione digitale.
Vecchio e nuovo, tradizione e novità si amalgano su fondali che omaggiano e reinventano – delineando un altrove sospeso nel tempo – la metafisica di Giorgio De Chirico, riferimento perfetto per una storia antica ma sempreverde, che con la sua intrinseca universalità ha viaggiato in tutto il mondo. Ma che ora si spinge su binari inediti, grazie anche alla ricercatezza dell’illustrazione. In grado di arricchire la parola di emozioni più sfaccettate, che culminano nelle tinte dark e funeste della danza propiziatrice degli zecchini d’oro, nella quale il Gatto e la Volpe coinvolgono l’ingenuo burattino per derubarlo. O nei colori sgargianti e spichedelici del Paese dei Balocchi, che hanno un effetto ipnotico sul protagonista, azzerando le sue ultime difese.
Effetti perseguiti anche dall’eclettica colonna sonora originale, scritta da Lucio Dalla, mix di melodie classiche e moderne, che inneggiano alla libertà e si permeano di magia.
Le avventure del burattino di legno, inoltre, con questa trasposizione animata si arricchiscono di un nuovo punto di vista, quello di Geppetto, trasformando Pinocchio in un romanzo cinematografico di formazione sia per il protagonista che per il padre (sulla falsariga dello sceneggiato live-action di Comencini), non più personaggio marginale, ma vero e proprio pilastro della storia. La sua creatura materializza ambizioni e speranze svanite, è l’occasione di un nuovo inizio, un rifugio per l’eternità. I rimpianti, i sogni, la memoria, il futuro di Geppetto si proiettano nel figlio di legno, che si tramuterà in un bambino vero quando comprenderà il valore dell’amore e del rispetto nei confronti del padre. Ma anche quando quest’ultimo sarà finalmente pronto a lasciarlo andare per la sua strada verso la scoperta e l’età adulta. L’insegnamento morale, che sta alla base della fiaba di Collodi, dunque, non perde sostanza, ma si espande, ampliando il suo target, sottolineando la sempre attuale diatriba generazionale tra genitori e figli. Rispetto al celebre classico Disney degli anni Quaranta, questo adattamento animato riesce a parlare ai bambini tanto quanto agli adulti, per i quali è stato costruito il doppio piano di lettura. Che si è rivelato un’ottima intuizione per riportare il libro sullo schermo, ma che ha finito per tarpare un po’ le ali agli autori. Che non hanno osato fino in fondo, cercando di non rompere mai l’equilibrio della trasversalità del pubblico. Accentuando i toni onirici, dark e drammatici della storia Pinocchio avrebbe potuto trasformarsi davvero in un’opera “nuova”, “adulta”… memorabile.

 

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Mi piace
L’eleganza e la ricercatezza dei disegni, che arricchiscono di nuovi significati e più sfaccettati significati una fiaba celebre e più volte rivisitata.

Non mi piace
Gli autori non hanno osato fino in fondo. Accentuando i toni onirici, dark e drammatici della storia, avrebbe potuto trasformare Pinocchio in un’opera “nuova”, “adulta”… memorabile

Consigliato a chi
Desidera scoprire un punto di vista inedito su una storia arcinota, grazie a un poetico mix di immagini, musica e parole.

Voto
3/5

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