Patria: la recensione di JAMovie

In quello che doveva essere un ordinario giorno lavorativo nella fabbrica in cui è operaio, il siciliano emigrato al Nord Salvo, uomo dal temperamento focoso cui presta anima e corpo Francesco Pannofino, viene a sapere dell’imminente chiusura dell’impianto e del suo conseguente licenziamento. L’operaio, spiazzato dall’attuale situazione lavorativa e già preoccupato per questioni non meglio specificate (forse familiari), decide allora di tentare il tutto per tutto. Salire nella torre più alta della fabbrica minacciando di buttarsi giù, deciso più che mai a difendere il suo posto di lavoro e quello dei suoi colleghi (anche se più il suo). Alla protesta si unisce, suo malgrado, il sindacalista Giorgio Bettenello ( Roberto Citran), rivale di Salvo per ideologie politiche (Berlusconiano con un passato fascista quest ultimo, nostalgico comunista Giorgio). Ai due, che inizialmente non raccolgono attorno alla protesta il seguito di stampa che desideravano si aggiunge Luca, nato l’08-08-1978 (anno importante nello sviluppo del film), il guardiano ipovedente soprannominato da Salvo “Assunzione obbligatoria”.
Una volta nella torre, i tre cominceranno un lungo dialogo sui veri motivi che hanno portato il paese, nella crisi economica che attraversa ora, con un excursus storico-politico che va dal 1978 (anno dell’assassinio di Aldo Moro) all’attuale presente.

Sembrano un po’ tre personaggi teatrali i tre protagonisti dell’ultimo film di Felice Farina “Paria”. Abbiamo il berlusconiano convinto Salvo, il nostalgico del comunismo, il sindacalista Giorgio e Luca, il disabile che ricorda tutte le più importanti date della storia politica e sociale del nostro paese.
I tre subito dopo l’inizio della loro protesta, si ritrovano a discutere su come sia stato possibile che il nostro paese sia arrivato ora ad una situazione economico sociale così difficile e disastrosa, ed allora partono vari ricordi, testimoniati dalle immagini degli archivi RAI e di quello cinematografico italiano con le vere voci dei protagonisti degli ultimi scandali politici, economici e storici del belpaese.
Partendo da Moro arriviamo alla P2, al crack del banco Ambrosiano, alle stragi di Bologna e quelle che tolsero la vita a Borsellino e Falcone, al maxi processo alla mafia, allo scandalo di Tangentopoli senza dimenticare l’ascesa del Cavalier Berlusconi.
Quella che poteva essere però una buona idea, ovvero il passaggio da una situazione di protesta ad un passato di ricordi fatto di eventi storici importanti, con una colonna sonora che si muove tra musiche e voci dei protagonisti dell’Italia che fu, va a rovinarsi proprio qui. Si perchè ai più, ovvero a coloro che nel ventennio che va dagli anni 70 agli anni 90 o non c’erano o erano molto piccoli, (vedi il sottoscritto, nato nel 1984) e immagini di repertorio e tutte le storie che esse portano con sè sono alquanto prive di significato. I titoli di coda con delle piccole spiegazioni sui fatti raccontati nel film tramite le immagini e le voci dei protagonisti non aiutano in questo, e possono solo creare confusione a quegli spettatori che non hanno un buon background storico-culturale del nostro passato.
Se al tutto aggiungiamo che in alcuni momenti del film i ricordi dei protagonisti prendono il sopravvento sui personaggi stessi ecco che non è facile attendersi una poca empatia verso il trio, e soprattutto verso la situazione di Salvo, che da un momento all’altro si ritrova licenziato e senza più lavoro.
Ne viene fuori il racconto di una grave situazione di un operaio italiano che imbastisce una protesta come ultimo tentativo di salvare il suo posto di lavoro e la sua vita che però non crea empatia tra pubblico e personaggio, e il “remember” storico attrae solo quella fetta di spettatori che hanno vissuto almeno alla tv o anche in maniera più diretta gli eventi mostrati nella pellicola.
Una buona idea quella di mescolare i dialoghi dei tre personaggi con rievocazioni storiche, che però non riesce ad attecchire come ci si aspetterebbe. E nei primi venti minuti di film, i vari cazzo merda vaffanculo sono un po’ troppi.
OCCASIONE MANCATA

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