Matrix Resurrections: la recensione di Mauro Lanari

Agente Smith: “Tu sapevi che la prima Matrix era stata progettata per essere un mondo umano ideale? Dove non si soffriva, e dove erano felici tutti quanti, e contenti. Fu un disastro. Nessuno si adattò a quel programma, andarono perduti interi raccolti. Tra noi ci fu chi pensò a… ad errori nel linguaggio di programmazione nel descrivere il vostro mondo ideale, ma io ritengo che, in quanto specie, il genere umano riconosca come propria una realtà di miseria e di sofferenza. Quello del mondo ideale era un sogno dal quale il vostro primitivo cervello cercava, si sforzava, di liberarsi. Ecco perché poi Matrix è stata riprogettata così.” S’un simile assunto nichilistico non era possibile costruire alcunché, esso vanificava qualsias’ipotetico tentativo d’emancipazione in quanto già compiuto e falsificato. La saga è stata più o meno fruibil’e godibile a condizione d’obliare una delle peggior’incoerenze di sceneggiatura nella storia del cinema o, viceversa, interpretandola come la dimostrazione della veridicità della premessa di base. “Matrix 4” è un prodotto posticcio, aggiunto quasi un ventennio dopo senz’alcun valido motivo artistico: la metatestualità evita il dilemma fondamentale, la disquisizione sul libero arbitrio è stantia già di suo e comunque Lana ha il pudore di non prenderla sul serio, la storia d’amore fra Neo e Trinity aveva già toccato ben altri picchi emotivi nel reciproco risuscitamento dei primi 2 episodi, la critic’alla geek generation ch’avrebbe voluto cambiar’il mondo e invece n’è diventata la nuova padrona e schiava è eufemisticamente fiacca, il rifiuto d’una logica binaria (“a due valori”, algebra booleana, il parmenideo e aristotelico “aut aut: tertium non datur”) reitera l’allusione alla fluidità di genere in cast, ruoli attoriali e pubblico. Il resto non offre sostanziali novità (CGI, scene d’azione, caratterizzazione dei personaggi).

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