Mai Stati Uniti: la recensione di ale5b

Ai Vanzina dobbiamo concedere un pò di credito. Storicamente hanno lasciato un’impronta, più o meno importante, nella filmografia italiana. A loro dobbiamo l’inizio di un filone di comicità ben definito che parte da cult come “Eccezziunale Veramente”, “Sapore di sale” e tocca, soprattutto, la nascita del tanto famoso “cinepanettone”. Qualità poca, quantità tanta. Loro stessi maledicono la fama nostrana che li accompagna: “A Hollywood saremmo venerati come Dei! Qua, dobbiamo vergognarci!”. Cari Vanzina, che dire, “Mai Stati Uniti” sottolinea molto la seconda parte della dichiarazione. Bruttissimo esempio di come girare una commedia.

Il loro credito era forse finito già da un pezzo, da quando sono iniziate le vacanze ai caraibi, le buone giornate, vite meravigliose e compagnia bella. Il taglio imbarazzante del loro concetto di umorismo lascia molto a desiderare e quest’ultima pellicola ha l’aggravante di “arrestare” lo slancio di buoni attori da commedia quali Ambra Angiolini, Memphis e Salemme. “Mai Stati Uniti” galleggia in un limbo surreale dove le battute e le gag passano di continuo sotto agli occhi lasciandosi dietro una scia di delusione senza precedenti. Personaggi sbagliatissimi (Memphis padre, di un bambino odioso, non si può vedere), attori fastidiosi (Vernia, per cortesia, rimandiamolo da dove è saltato fuori), dialoghi terribili e una sceneggiatura povera quanto infantile basata su pessimi stereotipi. La trama è leggera, non serve di più, è l’idea di concepire un film “on the road” poteva essere anche una buona scelta. Peccato che non funzioni niente, o poco. Qualche risata con il contagocce scappa più per la disperazioni di aver pagato il biglietto piuttosto che per spontaneità. Il film non decolla mai e nonostante la durata di un’ora e mezza scarsa, la fine sembra non arrivare più. Peccato, gennaio aveva iniziato a regalarci buoni propositi dopo gli exploit degli immaturi degli anni scorsi. Oggi, in tempo di crisi, meglio risparmiare qualche soldino.

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