Lo Hobbit – La battaglia delle cinque armate: la recensione di Silvia23

Dopo un inizio sonnacchioso e un capitolo di mezzo piuttosto originale, il viaggio-prequel nella Terra Di Mezzo si conclude. Insediati ora nella montagna, la compagnia di nani capeggiati da Thorin Scudodiquercia, dopo che il temibile drago Smaug ha scatenato la sua ira sul villaggio di Pontelagolungo, si prepara ad una imminente battaglia colossale. Tra elfi, uomini e nani, però, si insinueranno i temibili orchi, sottoposti di un più antico e grande nemico. Rodato ormai da quattordici anni al servizio della trasposizione cinematografica dei lavori di Tolkien, Peter Jackson cerca di concludere degnamente la sua ultima (e peggiore) trilogia. Si rifugia quindi nelle battaglie che i fan avevano tanto amato nella saga precedente, ma tutto ciò che riesce a comporre sono due ore e mezza di noiose immagini e malriposta epicità. Iniziando frettolosamente e liquidando il drago (unica figura veramente affascinante) nei primi dieci minuti, il regista confonde subito con una raffica di informazioni e nomi. Si arriva dunque dentro la montagna, a cui si contrappongono scene esterne, tra problemi umani e battaglie tra razze. Sembra subito evidente, quindi, che la volontà del regista sia quella di ampliare psicologie e figure di cornice della fiaba tolkeniana, aggiungendo sfumature sentimentali a un battaglia altrimenti dettata da motivi puramente politici. Ma il regista cade nel suo stesso intento e non riesce a rendere commoventi né il personaggio di Bard l’Ammazzadrago, né a de ridicolizzare l’amore tra un elfo e un nano. Nemmeno i monologhi psicologici di Thorin, accecato dall’oro, e le scene da battaglia risultano interessanti, danneggiati rispettivamente da banalità surreali e effetti da videogame. Tralasciata inoltre quasi completamente la figura di Bilbo Baggins (ad eccezione del finale). Uniche note positive date dalla maniacale attenzione ai dettagli del regista e dal personaggio esilarante del viscido Alfrid, Don Abbondio della situazione.

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