La casa di Jack: la recensione di Mauro Lanari

C’era un Trier che sapeva usare l’estetica per sondare l’etica, ora è rimasto un Trier provocatoriamente inutile e inefficace, che piega per intenti estetici o anestetici l’etica o la falsa e farsesca immoralità sperando di far credere che, “Jenseits von Gut und Böse”, stia ancora parlando d’arte e d’antropologia: “Esse sono il regno del male e io lo raffiguro” (“metto in scena l’osceno”, cit.). Però il suo inferno, come quello di Dante, Blake, Doré, è vacuamente immondo. Manc’a dirlo, per i Cahiers è l’ottavo miglior film dell’anno.

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