Il Rito: la recensione di Frenck Coppola

Avendo saltato il cinema nel weekend ho ritenuto dato i buoni titoli in uscita questa settimana, recuperare questo lunedi e la scelta è ricaduta sull’horror diretto dal regista svedese Mikael Håfström ed interpretato da un mostro sacro di Hollywood Anthony Hopkins dal titolo Il Rito, negli ultimi tempi i film horror con trama che richiama la possessione demoniaca hanno deluso ampiamente, basti pensare a film come Paranormal Activity 1 e 2, fenomeni commerciali, ma in quanto a qualità lasciamo perdere, oppure da ricordare o meglio da dimenticare L’ultimo Esorcismo, uno dei peggiori nel suo genere, perciò sperare che con Hopkins il risultato potesse migliorare era almeno da mettere in preventivo.
Il regista mette subito in chiaro le sue intenzioni per questo titolo, scendere nel profondo di uno dei mestieri più antichi del mondo e trarne il maggior interesse possibile nello spettatore, la pratica dell’esorcismo e la sua spiegazioni quasi nei particolari infatti sin dall’inizio del film tende a dare quell’interesse quasi da documentario, stuzzicando, ma allo stesso tempo istruendo sull’argomento, quasi come se volesse prepararci per un gran finale, bella mossa devo ammetterlo, anche se per tre quarti il film rischia quasi di impazientire il pubblico con una noiosità che non fa parte di un horror di qualità.
Il cast che attornia la stella Anthony Hopkins sembra comunque di spessore anche se si tratta di giovani leve che ancora aspettano di affermarsi nel panorama Hollywoodiano, il protagonista Colin O’Donoghue in più di un’occasione sembrava sentire il peso sul collo in un confronto impari con la figura di Hopkins, mentre Alice Braga ha dato un buon contributo anche se spesso il suo ruolo è sembrato alquanto marginale, come detto e ripetuto, però uno dei motivi che ha spinto me e tanti spettatori al cinema per Il Rito è stato il ritorno al ruolo da cattivo di Hopkins, ancora ora ho impresso nella mente le scene de Il Silenzio degli Innocenti dove interpretava Hannibal Lecter, veramente magistrale, con gli anni di sicuro ha perso un pò di smalto, ma di sicuro continua a farsi valere facendo dei suoi soliloqui intellettuali sul diavolo il pezzo forte del film, nel cast anche qualche attore italiano, omaggio al nostro paese per la location romana, su tutti Maria Grazia Cucinotta.

Un difetto troppo marcato nella visione del film è l’incredibile doppiaggio che funziona a perfezione sugli attori statunitensi mentre malissimo sui nostri, la differenza è troppo evidente tanto per finire di danneggiare alcuni discorsi presenti nel film, il sonoro nel suo insieme però ha fatto la sua parte dove in certe scene che a dire la verità non tanto suggestive ha dato una grande mano a far saltare qualche spettatore in sala; per quanto riguarda gli effetti speciali da dire che li ho trovati molto gradevoli e spesso realistici, le trasformazioni e i movimenti dei posseduti non risultango troppo da film di serie B quali esso sembra essere nel complesso.
La sceneggiatura ha dovuto comunque cercare di attenersi ai fatti che in più di un’occasione sottolineato nel film, sono realmente accaduti perciò difficile pensare che lo sceneggiatore Michael Petroni avrebbe potuto spaziare troppo dal libro di Matt Baglio, non avendolo però letto non posso darvi una sicurezza sulla qualità della trasposizione cinematografica.
In definitiva il film risulta migliore di quelli citati all’inizio della recensione, ma comunque troppo magro di suspence e scene suggestive per più di 45 minuti di visione, troppo difficile pensare che un film horror possa dare i primi brividi dopo tutto sto tempo di visione, credo comunque che il viaggio nel mondo della possessione fatto dal regista e la presenza di Anthony Hopkins valgano comunque il prezzo del biglietto, perciò anche se il film non supera di molto la sufficienza lo posso consigliare.

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