Il caso Kerenes: la recensione di Veronica Antonello

Cornelia (Luminita Gheorghiu) sembra avere tutto dalla vita: una bella casa, un marito che fa il chirurgo, un gruppo di amici e conoscenti dell’alta borghesia di Bucarest e soprattutto un figlio che è la sua principale ragione di vita. Ma, come si suol dire, non è tutto oro quello che luccica perché l’apparente mondo felice in cui vive cela in realtà parecchie crepe, prima fra tutte proprio il rapporto con il suo “piccolo” Barbu (Bogdan Dumitrache). Nonostante abbia 32 anni e viva fuori casa, Cornelia continua a trattarlo come se fosse un bambino bisognoso delle sue cure. Questa relazione già di per sé ossessiva si accentuerà quando il figlio in un sorpasso azzardato investe un bambino, uccidendolo.

È tra le pieghe di questo rapporto che si sviluppa Il caso Kerenes, vincitore dell’Orso d’Oro e del Premio della Critica Internazionale all’ultimo Festival di Berlino. Nel descriverci il contraddittorio e soffocante amore che Cornelia prova per Barbu, il regista Calin Peter Netzer ci regala anche una panoramica della società rumena, mettendo in luce le contraddizioni della nuova borghesia, senza scrupoli e codici morali. In seguito all’incidente infatti Cornelia ricorre in prima istanza alle sue conoscenze per insabbiare il caso, e cerca poi addirittura di corrompere il testimone presente la notte del crimine. Il regista non fa sconti: il suo sguardo impietoso ci mostra la realtà rumena, senza però lasciare che la critica sociale sovrasti il vero fulcro del film, ossia il rapporto madre-figlio.

Cornelia è infatti la vera protagonista della storia, relegando la figura paterna ad un ruolo marginale. Il suo modo di dimostrare l’amore materno ottiene però un effetto controproducente, perché tanto più la madre vizia il figlio, tanto più lui la respinge. Ma anche Barbu ha le sue colpe: se da una parte ambisce alla libertà dall’altra si dimostra incapace di assumersi la responsabilità delle sue azioni, come quando implora la madre di andare al posto suo a fare le condoglianze alla famiglia della vittima. Uno dei punti di forza del film consiste proprio in questo duplice punto di vista che non assolve né condanna nessun personaggio: infatti nonostante il comportamento ossessivo di Cornelia, lo spettatore non può esimersi dal provare pietà per lei quando Barbu le comunica di voler tagliare definitivamente i ponti.

Una relazione complessa illustrata attraverso dialoghi diretti e silenzi espressivi, che, benché efficaci, talvolta rischiano di appesantire la visione. Gran parte del merito va sicuramente a Luminita Gheorghiu, con cui Netzer ha già collaborato nel premiato Maria (2003), che qui dà un’eccezionale prova di recitazione, trasmettendo in pieno l’idea di una donna di ferro pronta a sfoderare gli artigli per proteggere il suo bambino, anche quando non ne ha bisogno.

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Mi piace
Il modo realistico con cui viene rappresentato il rapporto ossessivo tra madre e figlio, lo sguardo impietoso sulla società contemporanea rumena, la recitazione di Luminita Gheorghiu

Non mi piace
Con l’intenzione di approfondire in maniera attenta e precisa il rapporto madre-figlio, i tempi di narrazione si dilatano

Consigliato a chi
È interessato alle dinamiche familiari e apprezza la presenza di una figura femminile forte con le sue contraddizioni

Voto: 4/5

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