Di commedie italiane ne vediamo uscire molto spesso, e spesso questi film si rivelano anche gradevoli facendoci passare due ore in allegria ma niente di più, fatta eccezzione per qualche raro caso in cui una commedia diventa intrattenimento con la I, ma è raro che questo accada. Fortunatamente “Ho ucciso Napoleone”, opera seconda della molto più che promettente Giorgia Farina, è una commedia che lascia il segno, dove la giovane regista dopo un’opera atipica e davvero ben riuscita come “Amiche da morire” affina i pochi elementi non particolarmente soddisfacenti del suo precedente lavoro, mantenendo però l’elemento di partenza: una storia di riscatto femminile, e se nel primo film il trio di donne in cerca di rivalsa era formato dalla Gerini, dalla Capotondi e dall’Impacciatore qui l’incarnazione di questo sentimento è Micaela Ramazzotti, la quale offre ancora un’interpretazione memorabile, dove da sfogo del suo sex appeal, del suo lato perfido e la sua verve comica.
Anita è una manager di successo che lavora per una casa farmaceutica, ha ricevuto un’importante promozione ed è soddisfatta della sua vita, pur essendo una donna sola, fredda, distaccata, dedita al lavoro, vive in un perfetto equilibrio. Ma la sua esistenza idilliaca viene ribaltata dall’indesiderata gravidanza del suo capo, Paride, sposato e con due figlie, a cui segue un brutale licenziamento. Piena di rancore per i suoi colleghi e per Paride, Anita decide di attuare una spietata vendetta nei loro confronti, programmata nei minimi dettagli, piano grazie al quale ritornerà al lavoro molto presto. Per attuarlo si serverà di insoliti alleati, un trio sgangherato di donne sole incontrate al parco e di un timido collega di lavoro. Le cose sembrano procedere per il meglio ma presto il progetto di Anita verrà messa a dura prova e la donna dovrà scegliere se uscire dal suo comportamento gelido o rimanere come è sempre stata.
In un’ora e mezza di film, scandita da un ritmo magnificamente inclazante, si assiste ad un sussegursi di azioni sempre più sorprendeti, colpi di scena, e come ogni commedia che si rispetti, battute dalla sana comicità, non banali o pacchiane, e la pellicola si salva da qualsiasi stereotipo e non cade mai vittima del buonismo a cui ci hanno abituati. La sceneggiatura vanta toni da black comedy, ancora più duri dell’opera prima della Farina, ponendo al centro della storia un’eroina negativa, una perfida femme fatale, portata sullo schermo da una Ramazzotti in stato di grazia, che riesce a far emergere i lati più intimi e profondi del personaggio e i suoi conflitti interiori, già delineati perfettamente dallo script, a cui bastano solo i costumi e il trucco usato per il personaggio per rivelare molto del suo carattere. Questo è sicuramente un film femminile, dove sono i personaggi del gentil sesso a uscrine vincenti, relegando ai maschi figure in ogni caso negative, e sono proprio le comprimarie femminili del film ad alzarne ancora di più il suo livello, il trio formato da Elena Sofia Ricci, Thony e Iaia Forte è ben assortito e si sposa perfettamente con la recitazione della protagonista. Giorgia Farina oltre che a saper valorizzare in maniere incredibile trucco e costumi, che qui assumono valore simbolico per il ruolo di Anita, sceglie una colonna sonora ottima, come era già accaduto per “Amiche da morire”, che rispecchia molto i toni di commedia nera del film. Dopo i suoi due film questo giovane talento romano promette molto bene per il futuro, regalando qui una commedia coi fiocchi, come non se ne vedevano da tempo, una vero pillola del buonumore.
Voto: 8.5
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