Hereafter: la recensione di Hans_Castorp

Un film sull’aldilà non poteva essere affrontato da un autore come Clint Eastwood se non con l’ambizione di considerare pacatamente (vorrei dire oggettivamente) i rapporti che le persone, certe persone, intrattengono con questa materia. Quindi non scenari onirici o metafisici, non incontri con ombre senza volto (se non in una breve sequenza, peraltro molto suggestiva) e relativi effetti speciali, ma storie raccontate in stile asciutto e senza orpelli, di persone che, o per avere sfiorato quella soglia, o per un potere che loro malgrado si ritrovano, o per la perdita di una persona amata, cercano nella vita qualcosa che li illumini e li consoli.
Marie (Cécile De France), giornalista francese in vacanza in un paese asiatico, viene travolta dall’onda di uno tsunami: pare spacciata, ma si riprende. Si risveglia con la persuasione di essersi affacciata nell’aldilà, di avere intravisto alcuni suoi abitatori e udito lontanamente le loro voci.
La giovane donna avrà la vita segnata da quell’esperienza e non cesserà di interrogarsi sull’esistenza di un mondo dopo la vita e di cercarne testimonianze. Ne scriverà con convinzione, terrà conferenze, senza che la sfiori il timore di essere considerata visionaria.
A Londra vivono i due pallidi gemellini Marcus e Jason, la cui madre difetta di un’assennatezza (ahimè, è tossicodipendente) che invece i ragazzini paiono aver precocemente acquistato (Londra + infanzia difficile + miseria = Dickens?). Sono inseparabili, ma a Jason accade un incidente e muore. L’altro allora, con infantile tenacia, si pone alla ricerca di qualcuno o qualcosa che possa metterlo in contatto con il fratello che non c’è più. L’odissea del fanciullo (figura che potrebbe piacere ai Dardenne…), fra sedute spiritiche e ciarlatani di diverso calibro, è una delle pagine più toccanti del film e dimostra, qui più che in altri passaggi, che l’autore ha usato il tema della morte principalmente come sfondo della scena. In questo momento non è di oltretomba che si parla, quanto piuttosto di amore fraterno, di amara solitudine.
Infine Marcus incontra un sensitivo vero, George (un ottimo Matt Damon), ammiratore, guarda caso, di Charles Dickens e delle sue storie. Però il potere che possiede gli complica la vita, i turbamenti che suscita in chi vi si affida lo sconvolgono, in più deve anche arginare le proposte di chi vorrebbe farne occasione di lucro. Ma a Marcus non può dire di no e grazie a lui il ragazzino riesce a trovare un momento di pace e di fiducia.
Il film si conclude con l’incontro di George e Marie, a Londra per la fiera del libro: le vite dei tre, diversamente toccati dal mistero, si intrecciano e sembra possano trovare un liberatorio percorso comune.
Una tematica difficile da svolgere e da dominare, con rischiose incursioni nei territori dell’irrazionale, ma dove Eastwood entra con sicurezza e grande mestiere, dando vita anche a momenti di poesia.

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