Harry Potter e i doni della morte – Parte 1: la recensione di Alessia Carmicino

“the last enemy that shall be destroyed is death”

Era il lontano dicembre del 2001 quando Harry Potter faceva il suo debutto sul grande schermo : non era certo la prima volta che una un libro per ragazzi approdava al cinema , ma essendo un percorso straordinariamente lungo e all’epoca non ancora concluso (erano stati pubblicati 4 libri su 7) , pochi avrebbero scommesso sulla sua capacità di sopravvivere al tempo e alla pressione di altri possibili concorrenti (“Narnia” , “Eragon” , “Il risveglio delle tenebre” o il recente “Percy Jackson” per citarne alcuni ) che come funghi dopo il successo iniziale cominciarono a presentarsi : ora possiamo dire con certezza che nessuna saga , NESSUNA , può condividere la stessa unica esperienza di Harry Potter .
Nessun’altra serie di racconti è riuscita nella rischiosa e azzardosa impresa di seguire i protagonisti per un lasso di tempo lungo quando un’intera adolescenza , accompagnando la crescita di quella stessa generazione di lettori che a undici anni o poco più aveva con loro cominciato , per concludere l’avventura ormai maggiorenni e senza essersi persa per strada un briciolo di interesse ; un miracolo , reso possibile da un’evoluzione anche e soprattutto tematica , che ha visto Harry e i suoi amici confrontarsi con la fanciullezza e la spensieratezza delle gelatine tutti i gusti più uno , la paura della paura stessa impersonata dai dissennatori , primi baci e incomprensioni con gli amici più cari , la sofferenza , la morte e la minaccia del male che si muove nell’oscurità Come tale complessità sia stata resa nel corso degli anni nelle rispettive trasposizioni è ahimè tutt’altro paio di maniche : non tutto quello che funziona fra le pagine fa altrettanto sullo schermo ma nel caso di Harry Potter , nonostante l’unicità del prodotto sia a prescindere degna di nota anche a livello cinematografico (sono dieci anni ormai che vediamo crescere Daniel Radcliffe Emma Watson e Rupert Grint )i problemi non sono stati solo squisitamente interpretativi .
Ad essere tristemente sacrificato fra un film e l’altro (e soprattutto fra un regista e l’altro) è stato quello che rendeva le avventure del maghetto più di una storia di passaggio : la magia . Una dimensione che non si può riassumere semplicemente nel volo di una scopa o in qualche lampo lanciato da una bacchetta e che significa atmosfera , sospensione , la piacevole sensazione di irrealtà che si respira in un mondo dove delle scale che amano cambiare perchè stufe di stare ferme sempre nello stesso posto e prendere un treno al binario 9 e 3/4 sono la cosa più normale del mondo . Sarà stato forse il tocco di Columbus , o la meravigliosa solennità dell’Albus Silente di Richard Harris , o le musiche incredibili di John Williams , ma quando sono uscita dal cinema dopo la visione de “la pietra filosofale”e “la camera dei segreti” , mi sono sentita un’aliena in una terra sconosciuta , in mezzo a poveri ” babbani ” che erano loro malgrado rimasti tagliati fuori dalle meraviglie che avevo visto in sala . Poi un giorno Harry cominciò a crescere e qualcuno decise che la magia era roba da bambini iniziando a sbiadirla , decolorarla , ripulirla per dare maggiore spazio ad altre tematiche , fino a lasciarne solo l’ombra dietro gli effetti speciali . Cuaron ha a detta dei più realizzato con “il prigioniero di Azkaban ” il migliore della saga , ma ahimè è stato proprio con lui che la magia ha cominciato a dissolversi ( il nuovo Silente di Michael Gambon grigiamente vestito di un’anonima tunica e un triste cappello stile berretta da notte è anni luce lontano dai colori e dai velluti di quello di Harris) per essere sacrificata a lunghe pause meditative e riflessive : chi ha detto che il fantasy è roba da bambini?????Come dimenticare la grandiosa esperienza de “il signore degli anelli “???????? L’ottimo quarto capitolo ,” il calice di fuoco ” di Mike Newell grazie a una sceneggiatura tagliata con maggiore accortezza , a un leggero tocco di commedia romantica e avendo dalla sua la parte più spettacolare della saga (il torneo tre maghi) col supporto delle suggestive melodie di Patrick Doyle era riuscito a riportare il fantastico in sala ai suoi antichi fasti , ma era solo questione di tempo prima che il processo di spersonalizzazione ricominciasse senza interruzioni il suo decorso nelle mani dell’odiatissimo David Yates . “L’ordine della fenice ” è un vero colpo al cuore , un film vuoto e impersonale , un susseguirsi di immagini senza alcuna ratio emotiva . Dove ci troviamo ? Che cosa stiamo guardando ? Non lo sa il regista nè lo sceneggiatore , che nonostante la difficoltà di sintetizzare un libro di 800 pagine in una pellicola di un’ora e mezza , avrebbe davvero potuto fare un lavoro migliore per quella che è stata un’opera imperdonabilmente gelida , neanche supportata dall’ incerta e anonima colonna sonora di Nicholas Hooper . “Il principe Mezzosangue” recupera senza dubbio , ma lascia lo stesso quello sgradevole senso di grigiume che finora sembrava irrecuperabile .
Cosa dire allora di “Harry Potter e i doni della morte : parte 1 “, ultimo lavoro di questo pericolosissimo regista ? Incredibile ma vero , nonostante tutto alla fine ne ha tirato fuori un film che possa davvero definirsi tale . Nel maneggiare l’ultimo e più bel libro della Rowling , Yates affonta la difficile sfida di un racconto splittato in due film differenti per ovvie esigenze di marketing (dato il terribile riassunto fatto ne “l’ordine della fenice” cosa avrebbe potuto impedire di fare un bel filmone anche di tre ore in cui chiudere definitivamente i giochi se non la volontà di combattere fino alla fine i promessi vampiri ? ) con la consapevolezza che difficilmente un altro tradimento sarebbe stato perdonato dai fan ; scelta discutibile , che se evitata avrebbe garantito maggiore ritmo a una pellicola che finisce per essere una lunga premessa al tanto atteso scontro finale , ma finalmente consente alle vicende di respirare ed esprimersi senza la solita furia .
Sebbene “the deathly hallows” sia di nuovo privo di quella surreale atmosfera alla quale ormai dobbiamo dire addio e continui a pagare i tagli di sceneggiatura operati in precedenza , finalmente rompe il maleficio della rigidità asettica di Yates diventando un film di emozioni . Harry , Ron ed Hermione devono fare i conti con un mondo in guerra dove nemmeno l’adorata scuola di Hogwarts può offrire più protezione : per la prima volta soli con i loro incubi più oscuri , attraversano scenari degni di un apocalisse post bellico con l’unica consolazione di una vecchia radio , versano lacrime in una fredda notte di Natale in un cimitero di campagna , hanno le mani sporche di sangue e scoprono cadaveri in putrefazione , subiscono inquietanti torture e assaporano sulla loro pelle l’amarezza del dolore e della perdita come mai era avvenuto . La malinconica musica di Alexandre Desplat restituisce grazia e anima alle immagini dopo gli inappropriati scores di Hooper , attraversando momenti della pellicola non riusciti (troppo eroticizzata la scena della proiezione delle paure di Ron che fuoriescono dal medaglione ) e tanti altri indimenticabili e commoventi :la veglia nel cimitero di Godric’s Hollow , la scomparsa di Hermione dalle foto coi genitori dopo l’incantesimo di memoria e il suo dolce ballo con Harry (che fra l’altro mi ha attaccato una passione irrazionale per o’ children di Nick Cave ) , fino al tristissimo finale dinanzi al quale sfido chiunque abbia amato certi personaggi a restare indifferente . Ciliegina sulla torta è la sequenza animata che racconta la storia dei doni della morte , memorabile momento di metacinema che mai ci saremmo aspettati di trovare : speriamo sia solo l’inizio di una nuova esperienza che veda Yates riscattare definitivamente , nel prossimo capitolo , il valore di un’odissea cinematografica senza precedenti che se trattata diversamente avrebbe potuto davvero diventare epica . Nel frattempo , godiamoci quest’ ultima visione , nell’attesa che per i protagonisti si completi il più incredibile incantesimo mai compiuto :diventare adulti .

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