Habemus Papam: la recensione di Giorgio Viaro

Habemus Papam

Morto un Papa, se ne fa un altro. Può capitare però che quello nuovo, eletto a sorpresa (era quotato 70 a 1 dai bookmakers…), di impugnare lo scettro pontificio non se la senta affatto. Diventare la guida spirituale per un miliardo di persone è responsabilità di un certo peso, e c’è gente che crolla per molto meno. Lo spunto di Habemus Papam è tutto qui: un cardinale che, eletto Papa, viene colto da crisi di panico e ansie depressive. Non se la sente di presentarsi ai fedeli e di conseguenza blocca tutti i colleghi del Conclave in Vaticano, fino a data da destinarsi. E lo psicanalista chiamato a visitarlo (Moretti stesso) resta bloccato pure lui, perché il neo-Papa decide di scappare in città, senza lasciare recapiti.
Che Moretti volesse attaccare le fondamenta culturali dell’Occidente, mostrandole nell’atto di sgretolarsi, non c’erano dubbi fin dalla sinossi. Restava però da vedere in che modo l’attacco sarebbe stato sferrato. Habemus Papam è una commedia surreale, in cui toni e situazioni bunueliane si increspano dell’umorismo cerebrale e verboso che è da sempre la cifra stilistica del regista romano. Il che basta innanzitutto a garantire due ore di grande intrattenimento.
L’approccio al tema è pragmatico, e naturalmente iper-teorico: Moretti scrive il suo film facendo collidere ad arte fede e razionalismo, creazionismo e darwinismo, anima e inconscio, per mostrare come, posti di fronte al semplice buon senso e alla pratica quotidiana di attività popolari (lo sport, il gioco, il dibattito non-teologico: tutto ciò che eccede cioè il guscio della ritualità e dei canoni religiosi) gli stessi rappresentanti della Chiesa subiscano una mutazione “umanizzante”. I siparietti comici –il torneo di pallavolo tra cardinali, o le partite a carte – diventano così contemporaneamente veicoli di gag e chiavi di lettura politica, secondo un equilibrio così perfetto da essere raro nella stessa filmografia di Moretti. Il quale, se pure nel demolire un sistema di valori non si pone il problema di suggerirne un altro, evita anche il nichilismo sterile: il viaggio del Papa tra la gente è infatti un’immersione simbolica nel sentimento popolare (e Moretti evita il rischio della scorciatoia ideologica: non ci sono cortei per le strade, solo bambini che litigano, fidanzati gelosi, gente che prende l’autobus, matrimoni instabili), che definisce un’ipotesi di riconciliazione/riavvicinamento tra gerarchie ecclesiastiche e persone comuni, tra Chiesa e Società, che è tutt’altro che sterile. Anzi, è fondamentalmente cristologica.
Infine Habemus Papam è il film di Moretti più compiuto e ambizioso formalmente: in nome del “messaggio”, non si deroga mai (proprio mai), al piacere dello stupore.

Guarda il trailer e leggi la trama di Habemus Papam

Mi piace
Il perfetto equilibrio tra “messaggio” e intrattenimento

Non mi piace
In un film ricchissimo di caratterizzazioni riuscite, il personaggio della moglie dello psicanalista (Margherita Buy) – psicanalista pure lei – compare solo in modo episodico e sfocato

Consigliato a chi

Ai morettiani della prima ora, ma anche a chi di solito mal digerisce il regista romano: è il film giusto per riscoprirlo come autore raffinato, ironico e mai banale

Voto: 4/5

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