Guida romantica a posti perduti: la recensione di loland10

“Guida romantica a posti perduti” (2020) è il terzo lungometraggio della regista romana Giorgia Farina.
Cinema on-the-road sui generis. Dove il visibile è poco. Il bello è quello che non si dice. Il nascosto.è quasi evidente. Un film con alcune aspettative ma che alla fine non convince pienamente. Percorso ondivago, fluttuante, non lineare con battute e discorsi ‘fuori testo’. Due insieme per caso, due mondi che non si conoscono, un uomo completamente dedito all’alcol e una donna solitaria e piena di paure. Un viaggio interiore (così pare) che non riesce a centrare il ‘canto del cigno’ delle loro vite. Mondi paralleli, normali e fuori dal contesto. Cercano solo (solamente) posti abbandonati, (s)perduti e vuoti di ogni vita pulsante. La memoria di ognuno pare avere dei ‘lumi’ su ‘tristezze’ scolorite e pieni di vuoti.
‘Nessuno dei due è normale’ dice ad un certo punto Benno ad Allegra. E il film pare prendere alla lettera una storia zigzagante con salti temporali tra una paura e una bottiglia da bere. Il gioco sul nome di lei si capiva fin dall’inizio (prima o poi arriva la battuta): ‘e ti chiami…”.
Un film che pretende troppo da se stesso; nessun barlume di novità, quasi di soppianto un destino già previsto. E anche il doppio falso incontro tra persone ‘sole’ sa già di se dopo pochi minuti dalla partenza. Senza nulla dire pare già scritto.
La scelta dell’auto (e del suo marchio) è ‘d’antan’ per un prodotto che cerca nel gusto di ieri (scritto oggi) la parvenza della solitudine dei luoghi o di quello che rimane. Il mezzo che finisce in mezzo alla campagna (simulando lo scontro con un albero ma non visto) nel dopo temporale appare senza vero frastuono dentro come lo sguardo dei bambini che ne vedono l’emblema dell’uomo senza senno. Una forzatura che s’arrende senza una scintilla per lo spettatore. E’ cinema che si guarda bene di andare oltre.
Si vedono (in due scene) i due passeggeri viaggiare senza cintura e poi con: a parte la notazione …forse qualche ripresa da fermi..
Un via vai alla fine delicato e innocuo. Anche gli alberghi cambiano o meglio non sono stati mai visti (solo fantasticati): quello che sembrava impeccabile….alla fine di bello ha poco.I rubinetti sono arrugginiti, gocciolano, corridoi desueti, camere modeste e parcheggio molto ‘dejavu’. Un film che (non) rispecchia ciò che si sogna o si immagina: poco altro per Allegra che ha la cartina dei viaggi ma si imbatte nella vita girovaga quasi smemorata.
La regista cerca di farci amare i personaggi fono alla fine con un epilogo alquanto normale ed eccessivamente lungo. L’intera canzone si poteva evitare. E si capisce lontano un miglio che il film sarebbe finito con un ricordo forte e invadente…..di pura nostalgia. Il rock come purgante di tutto, il ballo come destino della vita, la passione da venire come un gioco di redenzione.
E poi…chi sa… Il respiro aperto lascia un’inquietudine di basso profilo per i due (finti, forse) innamorati. Il destino perduto. Senza vedere. E il bacio?
Una camminata, una corsa in auto, bottiglie di alcool sempre, vomito e attese lunghe. Fino ad una casa sperduta che non si vedeva da vent’anni.
Un film dettato dai bicchieri e dalle paure (un Marco Ferreri d’annata –cinico e ficcante- ci sarebbe voluto) non compatto nei passaggi, con volti che non rimangono completamente impressi. Sbadato e ondulante. Il non visto e il non detto sono quasi più importanti.
I volti muti degli osservatori sono i migliori: la signora dal balcone (primo stop) è quasi l’emblema di chi osserva degli strani personaggi e ….vorrebbe partecipare per capire.
Benno alcolizzato e malato di cirrosi ; riesce a malapena a gestirsi senza uno straccio di patente; Allegra, panico costante, pare essere capitata lì per caso.
La Chiesa abbandonata, l’Acquapark senza vita, una fabbrica piena di silenzio e una città nauseata dalla sua storia sono i posti e le fermate ‘perdute’. Fino ad una casa ‘familiare’.
Clive Owen (Benno) e Jasmine Trinca (Allegra) cercano di essere complici e di assecondarci nella loro ‘non normalità’. Non tutto riesce bene-
Regia di Giorgia Farina: desiderosa di spazi con carrellate dall’alto; lavoro senza veri voli.
Voto: 5 (**½ ) -cinema da mescere-

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