Come in un melodramma dell’accoppiata Inarritu-Arriaga, ma senza la struttura “a incastro” che ha reso celebre il duo di 21 grammi e Babel, nel nuovo film di Derek Cianfrance (Blue Valentine) le vite di un pugno di personaggi si incrociano e colmano a vicenda, fino a lasciare traccia di sé sulle generazioni a venire. Luke (Ryan Gosling) è un motociclista acrobata, che lavora in un circo itinerante. Quando fa tappa a Schenectady – New York – ritrova Romina (Eva Mendes), una vecchia fiamma, e scopre che lei ha appena avuto un figlio da lui. Per prendersi cura dei due, Luke non trova niente di meglio che mettersi a rapinare banche. E qui entra in campo Avery Cross (Bradley Cooper), poliziotto integerrimo, alle prese pure con i colleghi corrotti. L’incontro tra i due avrà conseguenze che si trascineranno per molti anni.
Chi, appunto, ha già visto Blue Valentine, conosce bene i toni da romance realista amati da Cianfrance, qui parecchio contaminati con il thriller: sono in pochi ad essere altrettanto capaci di stringere il pubblico ai personaggi con una manciata di inquadrature e dettagli. In questa prospettiva la prima parte del film è anche la migliore, quella in cui Gosling fa pesare il suo carisma, lo status e la presenza da divo vero: l’alchimia nei suoi duetti con Eva Mendes è già leggendaria (la storia ha avuto seguito fuori dal set…). E poi c’è Ben Mendelsohn (Animal Kingdom), che è sempre un bad guy con i fiocchi. I due comprimari permettono a Gosling di tirar fuori molte note diverse dal suo personaggio, tutte a lui congeniali: l’orgoglio, l’impaccio, la rabbia, l’amore romantico e quello paterno, secondo la miscela di durezza e fragilità che lo ha reso celebre oggi esattamente come accadeva a Brando 50 anni fa.
Tanto forte e iconica è la prima ora, però, che la seconda – quella che vede protagonista Bradley Cooper – fatica a reggere il colpo: il film si “normalizza”, assumendo toni da cop movie tradizionale. Per di più la coolness di Cooper (e del film) è quasi azzerata da un look francamente poco azzeccato. Non che Come un tuono diventi brutto, ma dopo un’ora di lacrime e adrenalina è come se si sedesse. Nell’ultima mezz’ora, infine, si tirano le fila della storia e si capisce meglio il senso “teorico” di tutta l’operazione, il tentativo di Cianfrance di confezionare una tragedia classica e moderna assieme, basata sul teorema che le colpe dei padri ricadano sempre sui figli. La dimostrazione fila liscia, ma decisamente non è la ragione per cui vi consiglieremmo il film.
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Mi piace
La regia “calda” di Cianfrance, l’alchimia tra Ryan Gosling ed Eva Mendes
Non mi piace
Qualche lungaggine di troppo, che alla fine pesa
Consigliato a chi
Ha amato i primi film americani di Inarritu, 21 grammi e Babel, ma anche The Burning Plain di Arriaga
Voto: 3/5
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