Animali fantastici 2: I crimini di Grindelwald: la recensione di loland10

“Animali fantastici. I crimini di Grindelwald” (Fantastic Beasts: The Crimes of Grindelwald) , 2018) è l’ottavo lungometraggio del regista-produttore inglese David Yates.
Un numero due senza sbavature per chi si accontenta di pochissimo, un filmetto di pomeriggio sonno lento per chi vuole un pasticcino dolce e un groviglio spaurito per chi pensa ad un divertimento evanescente. Un numero due con in arrivo altri tre (dallo stesso regista) e dalla scrittura e sceneggiatrice J.K. Rowling. Che dire Harry Potter e spin-off, fantasia sequel e pre-oscurità di ogni dove e luogo. Basta solo accontentarsi appunto…
Con una certa mediocrità e un gusto del falso bello, con una ripresa degna di omaggio e un silenzio roboante ecco che la fantasia regredisce e i sogni (per chi scrive) svaniscono. Una noia e una certa lunghezza inopportuna sbandierano pellicole magniloquenti di vuoti strutturali e di regie sapienti all’uopo (tragitto della serie infinita).
Ovvio dire dove eravamo, …(erano) rimasti che…. tutto gira attorno alle vicende di Newt Scamander e Albus Silente che cercano di ostacolare il mago oscuro Gellert Grindelwald.
Film di noir e oscurità quasi assolute. Tutto inverecondo e senza minimi tentennamenti con sceneggiatura aggrovigliata e forse inutile. Tra New York, Londra e Parigi o viceversa cambia poco il cinema fantasy ritrova pubblico.
Succede che alla proiezione di un film (altro) si arriva tardi, si va avanti in centro e tra i film nuovi di un cinema mono-sala aperto (cosa rarissima quasi viene da dire).. ecco imbattersi nella locandina della ‘Rowling’ production-pen . Si arriva quindici minuti primi….e fila di persone. Proiezione di 15 minuti di ritardo per fare entrare tutti. In una sala grandissima 200 spettatori per lo più giovani e giovanissimi….ti rincuori per il cinema oggi nel nostro paese e persone che hanno voglia di grande schermo….purtroppo ti rincuori meno uscendo dalla sala (a proiezione finita). Un quasi addormentarsi con i colpi di scena di cui pare il paradigma di certi film che paiono normali e si collegano a tutta la serie….che pare imprescindibile…mentre per molti della sala no. Si sente il riso e arriva spesso, soprattutto nella prima parte, il pubblico conosce a memoria i tutti personaggi e i cosiddetti sottostesti ( sottotesti?..) che forse sono solo superficiali o meglio luoghi comuni veri o messaggi subliminali di vera finzione.
New York, Parigi e Londra viste belle e da noir, tra classico e aggiustamenti virtuali a go-go. Panorami che attirano le attenzioni e personaggi tra reali e irreali che fantasticano in alto e in basso tra cieli anneriti, plumbei, rifiuti umani, vie deserte, agglomerati fumosi e vistosi segni di scorrerie di altri immaginari.
Un rituale che ripete se stesso senza novità da annoverare e segnalare; rotazioni e barriere, laterali e fuochi, alzate e scoppi, fulmini e saette a tutto schermo. I colori sbiaditi, aggrumati, spenti, nebbiosi e misti-oscuri cavalcano il duo Newt-Gellerth.
Eddie Redmayne (Newt Scamandro): gracile e furbo, cartoon e mesto (ammorbidito da piacere). Johnny Deep (Gellertb Grindelwald): irriverente e irriconoscibile, bulico e svuotato; forse un anno sabatico sarebbe meglio per ricaricarsi (o almeno si spera). Jude Law (Albus Silente): accettabile e sornione, viziato e generico. Katherine Waterstone (Porpentina Scamander): vista e rivista, posta e ricamata.
Silenzi coperti da uno score ideale, volti tediosi e finti, animali sbraitanti, valigia porta tutto e cerchi colorati in uno spettacolo abbordabile e alquanto allungato. Il primo e il secondo sono passati. Per i nuovi che arriveranno attendiamo (si fa per dire) lumi e maggiori idee di ‘grande cinema’.
Regia ritualmente addomesticata e congrua, volubile e ripetitiva.
Voto: 5/10 (**).

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