Il loro debutto fu nel 2002 con “Nati stanchi”, e lì s’ebbero eversione e dunque fascinazione. La coppia era ancora estranea a ogni forma canonica e a qualsiasi meccanismo rodato e oliatissimo, potevano essere acerbi e grezzi ma proprio per questo genuini e devastanti. Qualcosa di simile capitò pure per il dittico d’esordio di Ceccherini coi suoi “film-coso”. Poi giunse il trionfo del successo mediatico, ottenuto non in virtù di tali pregi mantenuti e premiati, bensì al contrario per una resa incondizionata al buonismo d’intrattenimento buono giusto per le masse generaliste del “prime-time”. Ora siamo pure a droni, dolly e carrelli per chissà quale attestato d’acquisita capacità registica, tuttavia di materiale causticamente acuminato ce n’è solo per uno sketch di 20 minuti, i primi 20. Dopodiché la pseudodenuncia etica diventa così fioca, blanda, sommessa da non disturbare nessuno, anzi: si finisce con lo sfiorare l’omertà mainstream. “L’evoluzione della trama, che parte da un buon soggetto di fondo, si fa […] balbettante, zoppicante e a lungo andare ripetitiva e annoiata. Il duo comico esagera nell’azzuffarsi a ogni scena, tra dita da puntare contro il viso dell’altro e cattiverie da rinfacciare, deragliando sfacciatamente nella sottotrama romantica.” È dai tempi del successivo “Il 7 e l’8” (2007) che la loro deriva prosegue irrefrenabile.
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