Zombieland – Doppio colpo, la recensione

Zombieland – Doppio colpo, diretto da Ruben Fleischer, al cinema da domani, vede Woody Harrelson, Jesse Eisenberg, Abigail Breslin ed Emma Stone di nuovo protagonisti dieci anni dopo il primo film

Zombieland - Doppio colpo

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PANORAMICA

Da dieci anni Tallahassee (Woody Harrelson), Columbus (Jesse Eisenberg), Wichita (Emma Stone) e Little Rock (Abigail Breslin) affrontano zombie armati di fucili d’assalto. In dieci anni hanno imparato a intendersi e a condividere il quotidiano. Insieme formano una ‘sacra famiglia’ che vive alla Casa Bianca, bonificata dagli zombie e creativamente personalizzata. Tra lo studio ovale e la camera da letto di Lincoln, Columbus vorrebbe sposare Wichita, che esita, e Tallahassee trattenere Little Rock, che vuole lasciare il nido. Fuori intanto gli zombie evolvono per sopravvivere agli uomini. Ma sono i conflitti familiari la sfida più ardua da vincere.

A dieci di distanza dal clamoroso successo di Benvenuti a Zombieland, assorto allo status di cult assoluto, Ruben Fleischer, che nel frattempo ha diretto anche il poco fortunato e ancor meno riuscito Gangster Squad e spaccato l’accoglienza col cinecomic Venom, torna ai personaggi della sua commedia zombie post-apocalittica girandone l’atteso sequel. Un seguito che ribadisca e amplia spunti e trovate del primo capitolo, lavorando su un nucleo corale di personaggi (una famiglia acquista e male in arnese) e sugli stessi irrinunciabili puntelli, tutti rigorosamente meta-cinematografici e meta-testuali, del precedessore.

È un procedimento di partenza abbastanza ammuffito e logoro, sulla carta, quello proposto da Zombieland – Doppio colpo, perché oggi la cinefilia è per fortuna uscita dalla dittatura del postmoderno a tutti i costi e i patchwork di citazioni e riferimenti sanno spesso di stucchevole vocazione di riporto (perfino Tarantino, capostipite e alfiere massimo di tutto ciò, col suo ultimo C’era una volta… a Hollywood ha virato verso una cinefilia meno feticistica e più romantica e avvolgente).

La sorpresa, dunque, è che Zombieland – Doppio colpo riesce comunque a divertire e a intrattenere pur muovendo da una dinamica narrativa satura, talmente spremuta da lasciare pochi margini di sorpresa e di azione. Ed è proprio in questi anfratti, in realtà, che il film si gioca le sue carte migliori, lavorando su personaggi e situazioni intercettando in maniera spigliata e intelligente la frammentarietà del web, la rapidità forsennata con cui oggi si fruiscono i contenuti, il contenuto rimpallo digitale tra strizzate d’occhio e specchietti per le allodole.

La sceneggiatura è scritta da Rhett Reese & Paul Wernick, già autori del primo capitolo e della fortunata saga di Deadpool, e da Dave Callaham. Al cast si aggiungono Rosario Dawson, Zoey Deutch e Luke Wilson, mentre viene meno – ma solo in parte – la sorpresa della folgorante apparizione di Bill Murray nei panni di se stesso nel primo film, al quale si affianca un altro nome a lui legato e tutto da scoprire. Qualcosa si disperde anche nel passaggio dall’anima indie al mainstream conclamato, ma in compenso si affinano le interazioni tra i personaggi e il politicamente scorretto rigorosamente di facciata è talmente liberatorio e volutamente sfilacciato che si arriva a ridere di un avvenire in cui La notte dei morti viventi si è materializzata, anche se il film di Romero non viene mai direttamente scomodato e il riferimento sfacciato sono gli indistruttibili T-800 di Terminator.

Un meccanismo analogo di sberleffo e decostruzione, piacevolmente all’acqua di rose, investe anche i contrassegni evidenti della cultura americana, dalla White House alla Graceland di Elvis Presley (Harrelson canta sui titoli di coda la sua Burning Love): ci si danno nuove regole, oltre alle 32 già stilate da Columbus nel primo film (ad una di esse, la seconda, si riferisce il titolo del sequel) e si inanella un ottovolante di situazioni, incastri sentimentali e nerdismo spinto che ci tiene a capitalizzare l’autorevolezza tutt’altro che gravosa guadagnatosi sul campo in questo ambito. Ed è forse proprio in questa chiave, e nella sua totale assenza di pretese, che trova posto l’instantanea simpatia di Zombieland – Doppio colpo, una componente che in sequel forzato poteva benissimo allentarsi, come spesso accade altrove, in misura decisamente maggiore.

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