The Amazing Spider-Man, a tu per tu con Marc Webb

Il regista ci svela i suoi segreti nella realizzazione della sua personale visione dell'Uomo Ragno. E anche Sam Raimi c'entra qualcosa...

Sembra più un turista in viaggio di piacere che un regista giunto alla sua prova più importante. Marc Webb, 36enne regista di The Amazing Spider-Man, ha l’aria rilassata mentre sorseggia la sua Coca-Cola. Accenna qualche frase in italiano, sorride e ricorda i suoi esordi. «Il mio primo cortometraggio si chiamava Il Ponte e si svolgeva a Firenze. Ovviamente, era interpretato da attori italiani. Avevo vent’anni e imparai bene la vostra lingua!».

Best Movie l’ha incontrato, per farci raccontare qualcosa in più su questo Spider-Man nuovo di zecca.

Un reboot di Spider-Man a pochi anni di distanza da una trilogia a lui dedicata che ha sbancato i botteghini, quella diretta da Sam Raimi. Perché questa scelta?
La domanda è opportuna, più che mai vista l’ottima qualità del lavoro svolto da Raimi nei precedenti film. Tuttavia, Spider-Man è un personaggio che da cinquant’anni appassiona i lettori con le sue avventure, e in cinquant’anni ce ne sono di storie da raccontare. Ci sono aspetti molto intriganti di questa figura che erano stati ignorati dalle pellicole precedenti. Uno su tutti, l’abbandono da parte dei genitori. È una delle più grandi tragedie che un essere umano possa vivere e mi interessava lavorare sulle ripercussioni che un trauma simile può avere sulla psicologia di un ragazzo.

C’erano elementi a sufficienza per giustificare un nuovo film?
Assolutamente sì. Oltretutto, c’è la storia d’amore con Gwen, che personalmente ho trovato molto appassionante. Mentre la maggior parte del materiale narrativo è tratto dalla saga a fumetti di Ultimate Spider-Man, la storia di Gwen è mutuata dalla serie classica. Gwen differisce molto da Mary Jane – l’altra storica fidanzata di Peter – perché si innamora dell’uomo prima ancora di sapere che è un eroe. E poi c’è il dottor Connors alias Lizard, un cattivo affascinante che sentivo il bisogno di raccontare.

Cosa dobbiamo aspettarci dal tuo Spider-Man?
Sicuramente un maggiore realismo. Mi sono sforzato di contestualizzare la storia di Peter nella contemporaneità, mi sono calato nei suoi panni per capire come reagirebbe un ragazzo di diciassette anni che scoprisse di avere acquisito capacità sovraumane. Volevo che tutto risultasse credibile, dalle difficoltà che i suoi superpoteri gli procurano inizialmente fino ad arrivare a come si costruisce la tuta da Uomo Ragno. Ho mantenuto intatta l’iconografia tradizionale del personaggio, ma per giustificare un ennesimo adattamento dovevo dare al pubblico qualcosa di nuovo: questa novità è il realismo.

È bizzarro il passaggio dal tuo primo film (la commedia romantica 500 giorni insieme) a questa storia supereroistica.
Meno bizzarro di quanto sembri. Ciò che più mi interessa, quando racconto una storia, sono le dinamiche sentimentali tra i personaggi. Un film non è un’elencazione di eventi, ciò che lega un fatto ad un altro sono le relazioni. In questo senso, 500 giorni insieme e The Amazing Spider-Man sono profondamente legati. Entrambi seguono l’evoluzione di rapporti e psicologie, anche se con atmosfere molto diverse. La storia di Peter è, essenzialmente, quella di un ragazzo che cerca suo padre e trova se stesso. Un classico sentimentale, no?

Un classico sentimentale in un classico dei fumetti rispolverato e tirato a lucido. E in effetti, la polvere accumulata dopo l’ultimo film di Raimi doveva essere ben poca. Staremo a vedere se il pubblico darà ragione all’urgenza di Webb di regalare la sua versione delle avventure dell’Uomo Ragno!

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