Scream 4: la recensione di Adriano Aiello

Nel bene e nel male, a metà anni 90, Scream impresse una svolta centrale all’horror. Da una parte gli ridiede spolvero e visibilità, dall’altra  lo allontanò dagli istinti più scomodi e morbosi, trasformandolo in un parco giochi per teenager. La paura faceva capolinea nella magistrale sequenza di apertura di Scream, per poi abbandonarla definitivamente e lasciare spazio al giochino cinefilo, che dietro la ricercatezza della sua scrittura tradiva l’involontaria ammissione dell’impossibilità del genere di rinnovarsi. A 15 anni dall’originale, Scream 4 unisce nuovo e vecchio (anche nel cast che ingloba gli stropicciati volti dei protagonisti originali alle nuove vittime capeggiate da Hayden Panettiere) e porta alle estreme conseguenze il discorso meta-cinematografico, con un nuovo e ulteriore slittamento tra realtà e finzione. Ad attivare i nuovi omicidi è il ritorno di Sidney a Woodsboro (ormai celebre per la saga Stabs, ispirata alla carneficina raccontata da Gale Weathers) per la promozione della sua biografia Out of Darkness. E la nuova generazione è l’iperbole della precedente: emotivamente asettica, interprete passiva dell’invasiva  trasversalità dei mezzi di comunicazione. Le regole sono cambiate, o meglio non esistono più, sotterrate dal dominio di prequel e remake di cui è impossibile scorgere un progetto coerente. Scream 4 stesso nasce perché il fenomeno dei sequel e dei reboot è incontrollabile. Come il cannibalismo televisivo di cui si fa beffa. Non più per il suo riprovevole cinismo, ma per la sua inadeguatezza a comprendere il nuovo: la ritualizzazione dell’omicidio seriale come segnale di esistenza tangibile. L’idea stessa della morte passa solo per la sua riproducibilità tecnica. Muori se vieni filmato, altrimenti non ha valore intrinseco. Riflessione vecchia, ma che consente a Scream 4 di vivere gradevolmente sull’autoparodia e lo svelamento della debolezza narrativa su cui si alimenta ormai il genere. E di morire di fronte all’impossibilità commerciale di imporre nuove strade, più coraggiose all’epilogo delle vicende.

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Mi piace
L’elemento autoparodistico. E’ cosi ricalcato che Scream 4 confessa la propria inutilità trasformandola in un discorso sulla perdita di senso di un genere che ha perso il controllo tra sequel, remake e reboot vari.

Non mi piace
La terza parte del film. Quando c’è da tirare le fila di un discorso fin lì coerente, Scream 4 manca di coraggio e si tira indietro schiacciato dalle dinamiche commerciali che deride.

Voto: 3 su 5

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