Sconnessi: presentata la commedia che fa a meno di wi-fi, smartphone e social

Il film di Christian Marazziti, nelle sale dal 22 febbraio, fa i conti con l'angoscia di chi si ritrova separato dai propri dispositivi elettronici

Sconnessi: la conferenza stampa

Il 22 febbraio, il giorno in cui uscirà Sconnessi, sarà anche lo “sconnessi Day”: una giornata in cui si inviterà i ragazzi delle scuole a rimanere senza internet per almeno per un giorno, a non intrattenere connessioni digitali e a fare a meno dei social just for one day. Una vera e propria campagna di sensibilizzazione contro la nomofobia, ovvero la paura, ormai diffusa e di recente definizione clinica, di restare separati dalla rete, dal proprio smartphone che di norma si compulsa di continuo. Qualcuno la chiama FoMO (fear of missing out, letteralmente il terrore di rimanere tagliati fuori), ma la sostanza non cambia.

Non poteva dunque esserci giorno più azzeccato per l’uscita in sala della nuova commedia del regista Christian Marazziti, che arriva al cinema proprio il 22 febbraio con Vision Distribution. Protagonista è lo scrittore Ettore (Fabrizio Bentivoglio), fedelmente e ferocemente ancorato all’analogico, che non vuole assolutamente sapere di condivisioni istantanee dei movimenti di vita vissuta. In occasione del suo compleanno riunisce tutta la famiglia al completo in uno chalet di montagna appartato e isolato, ma intorno a sé ci sono solo tecno-dipendenti…

Siamo dalle parti della commedia high concept che in scia al successo di Perfetti sconosciuti di Paolo Genovese prova ad affrontare i cellulari in quanto scatola nera della nostra società. Solo che qui la rete wi-fi salta in un posto arroccato e irraggiungibile, per cui le conseguenze di quest’assenza si faranno imprevedibili e pirotecniche. Accanto a Ettore ci sono, tra gli altri: la sua giovane compagna Margherita (Carolina Crescentini), dai modi rozzi e spicci, incinta al settimo mese; il fratello di lei Achille (Ricky Memphis), appena cacciato di casa dalla moglie; Tea (Giulia Elettra Gorietti), disinibita fidanzata di Claudio (Eugenio Fantastichini), figlio di Ettore in rotta col padre; la tata ucraina Olga (Antonia Liskova); Palmiro (Stefano Fresi), fratello bipolare di Margherita e Achille.

Nel corso della presentazione alla stampa del film gli attori che erano presenti si sono soffermati singolarmente sul loro rapporto con la dipendenza dai mezzi di comunicazione odierni e con il loro uso più o meno smodato, che è il cuore del film e il suo maggiore spunto comico e di riflessione.

Fabrizio Bentivoglio

I profili social per quanto mi riguarda sono pericolosi, per sé e per gli altri. Non capisco la mania di pubblicare qualsiasi battito di ciglia si faccia a ogni ora del giorno e della notte. La mia unica dipendenza è da caffè e sigarette. Il solo tentativo che fa Ettore, il mio personaggio, è quello di tentare di riallacciare i rapporti con i familiari, che si sono un po’ sfilacciati, e credo che nell’ingenuità della sua proposta di sconnessione ci riesca anche.

Stefano Fresi

Non ho alcuna dipendenza di questo tipo, né dai social né da internet né da altro: certo, il telefono mi serve per comunicare con mia moglie e mia figlia, ma senza Wikipedia ce posso sta’. La sola dipendenza che ho è quella da acqua minerale, che credo sia evidente! La mia paura, in realtà, che è ci vorrà un cinquantennio per ammortizzare e comprendere l’uso di questi mezzi, la possibilità di comunicare simultaneamente con tutti è una cosa epocale, paragonabile probabilmente alla glaciazione. I genitori, dal canto loro, non dovrebbero ricorrere all’IPad per far star zitti i figli, basterebbe un po’ di buona educazione.

Christian Marazziti, il regista

Il giorno del mio compleanno ho ricevuto centinaia di auguri, ma poi mi si è spento il telefonino e non potevo ricaricarlo. Lì mi è presa l’ansia più totale, mi sono sentito totalmente angosciato e ho sperimentato proprio la nomofobia, ovvero la paura di rimanere sconnessi. Non ho però dipendenze reali da internet e dai social, la sola che ho è quella della cinefilia: vado tre volte al cinema a settimana, anche da solo, tristemente, a Parco Leonardo a Roma, perché ho un desiderio inestinguibile di viaggiare con l’immaginazione. Il selfie ormai è un fenomeno artistico, l’immagine è stata surclassata dalla ricerca della perfezione assoluta e questo ci ha portato a una situazione estrema in cui ci sentiamo sbalestrati.

Ricky Memphis

Non ho la fobia di rimanere sconnesso, ma amo gli smartphone e uso Internet secondo me in modo sano, anche se se dovessi fare le foto di tutto quello che mangio e che bevo non basterebbero nemmeno le Teche Rai! Però stare sui social mi dà la stessa sensazione di aprire la finestra di casa, non mi piace affatto. A mia figlia cerco di spiegare il modo giusto in cui va usato il telefono, ma ha solo cinque anni ed è ancora presto, mentre se a mio figlio di dodici anni, che pure smanetta con l’IPhone, tiro il pallone per fortuna ci va ancora dietro e lascia perdere lo smartphone. Per me il punto sono però sempre le persone reali e andrebbero dati loro dei motivi per uscire di casa.

Giulia Elettra Gorietti

Anni fa ero assolutamente contro la dipendenza dai social, poi mi è stato relegato il maledetto iPhone e ho imboccato una spirale senza fondo…Ogni tanto però è salutare staccarsi, nei limiti del possibile, e ammetto che anche io, se mi perdo per strada e ho il telefono spento, ho un po’ paura e dunque non so fino a che punto sono indipendente. Credo che non sia per niente facile valutare l’impatto dei social, basta pensare che oggi i politici durante la campagna elettorale hanno imparato a postare quasi meglio delle fashion blogger…

Antonia Liskova

Fresi non ha detto proprio la verità: io ho imparato a fare il pane sul suo profilo Instagram! Non sono dipendente da Internet ma bisogna saperlo utilizzare con la testa, prendendone il meglio e senza dimenticare il rapporto con la realtà.

Maurizio Mattioli

Anche io come Fresi ho una sola dipendenza, quella dal farinaceo! So leggere i messaggi che ricevo ma non li so mandare. Non voglio fare quello che fa il polemico, ma credo si vivesse bene anche prima dei telefoni cellulari. La parola dipendenza non mi piace per niente ma, se ce l’avete, tenetevela pure.

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