Ritratto della giovane in fiamme, la recensione

Il film di Céline Sciamma racconta la storia d'amore tra due donne nella Francia di fine '700 ed è candidato come miglior film straniero alla prossima edizione dei Golden Globes

Ritratto della giovane in fiamme
PANORAMICA
Regia (4)
Sceneggiatura (2.5)
Interpretazioni (4.5)
Fotografia (3.5)
Montaggio (3)
Colonna sonora (3)

Francia, 1770. Marianne (Noémie Merlant), una pittrice, riceve l’incarico di realizzare il ritratto di nozze di Héloise (Adèle Haenel), una giovane donna appena uscita dal convento. Lei però non vuole sposarsi e quindi rifiuta anche il ritratto. Marianne cerca allora di osservarla per poter comunque adempiere al mandato. Scoprirà molte cose anche su di sé.

Céline Sciamma aveva già dimostrato coi suoi film precedenti, da Tomboy a Bande de filles, di essere uno dei talenti più luminosi in circolazione nel cinema francese di oggi (e non solo). Per tacere della sceneggiatura, da lei firmata, de La mia vita da zucchina, senza ombra di dubbio il più spigoloso e spiazzante gioiello d’animazione del decennio che volge ormai al termine. Ritratto della giovane in fiamme, da questo punto di vista, è la conferma definitiva delle sue qualità, la cristallizzazione di una maturità di sguardo già ampiamente distillata nei tre film passati da regista, fin dall’esordio assoluto Naissance des pieuvres.

L’ambientazione storica, a forte rischio accademismo, si è invece tradotta in una flagrante fonte d’ispirazione per la quarantunenne cineasta francese, cantrice di una femminilità scomposta e sfaccettata. La sua messa in scena non evita, fin dalle prime battute, di flirtare col manierismo, ma inanella una serie di piccoli, grandi dettagli rivelatori che puntellano la sua regia di sottigliezze infinitesimali. 

Ed è così che il film pian piano si riscalda a fuoco lento, ben prima di raggiungere delle temperature in ogni caso mai roventi, che mantengono intimo e sussurrato l’amore omosessuale tra le due protagoniste anche nel momento in cui esso si esplicita sul piano fisico. Ritratto della giovane in fiamme è infatti, prima di tutto, un film sull’alterità dello sguardo innamorato: abbiamo una ritraente e una ritratta, un soggetto e un oggetto, una forma di attivismo creativo e una passività solo apparente, che vive e respira solo quando le vengono destinate delle attenzioni al fine di fare del suo corpo e delle sue fattezze una trasposizione artistica. 

Questi ruoli opposti e codificati, però, la Sciamma provvede puntualmente a ribaltarli, rendendoli fluidi e interscambiabili. Lo spettatore, pertanto, si ritrova a immedesimarsi alternativamente in entrambe le donne protagoniste, attraverso continui slittamenti che riguardano più l’osservazione che il consumo, effettivo, del piacere. Un processo che permette ai tanti non detti di questa storia d’amore di esplodere sullo schermo, sommessamente ma inesorabilmente, plasmando il tempo e lo spazio alla stregua di una tela dai confini molto labili.

Uscito nelle nostre sale con Lucky Red e premiato con la miglior sceneggiatura allo scorso Festival di Cannes, Ritratto della giovane in fiamme è in realtà un film di quasi totale regia, al servizio delle strepitose interpretazioni delle due attrici, la sempre più prolifica Adèle Haenel e la meno nota, ma altrettanto stupefacente, Noémie Merlant. Due volti quasi ascetici per recitazione e mimica e dunque doppiamente struggenti e stravolti quando impegnati a farsi carico degli stravolgimenti emotivi e amorosi di Marianne ed Heloise, sepolti sotto la coltre delle castrazioni sociali. Elementi che ne fanno un parente stretto del Carol di Todd Haynes, pur con una raffinatezza astratta di immagini e suoni assai meno densa e sconvolgente ma comunque ammaliante nel suo equilibrio gotico-romantico. 

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