Portafortuna dal Sol Levante

Dai simpatici Teru Teru Bozu agli Omamori, una piccola guida ai gadget giapponesi che attirano la buona sorte

Superclassifica Giò è una rubrica curata su Best Movie da Giorgia Cosplay, all’anagrafe Giorgia Vecchini, la più famosa cosplayer italiana di fama internazionale. Ha una passione per tutto ciò che è anime, manga, pop e nerd.

I giapponesi sono un popolo superstizioso? Difficile da affermare con sicurezza, diciamo che nel dubbio preferiscono tutelarsi, e, chiaramente, lo fanno a modo loro, con simpatici gadget che non possono che attirare la curiosità di noi occidentali, non fosse altro perché spesso li vediamo anche spuntare qua e là, tra le pagine di un manga, di un libro o di un anime. Ci sono i simpatici teru teru bozu (piccoli bonzi che scacciano la pioggia), quella specie di fantasmini solitamente bianchi, fatti di stoffa o di carta, che si appendono alle finestre pregando affinché smetta in fretta di diluviare. La formula di rito è «Ashita tenki ni naare» ovvero «speriamo che domani sia sereno». Funzionano anche all’inverso: se, infatti, preferite che Giove Pluvio si scateni, basta appenderli al contrario!

Molto diffusi sono anche gli omamori (ovvero “protezione”), amuleti che si presentano come dei graziosi sacchetti rettangolari, in tessuto di vari colori e contenenti spesso una preghiera scritta su un foglietto di carta. Dedicati sia a divinità shintoiste sia a icone buddiste, li trovate in vendita nei santuari o nelle bancarelle adiacenti. Gli omamori possono essere utili in diverse occasioni: attirano la buona sorte, preservano la salute, aiutano nelle avversità, garantiscono un viaggio sicuro e così via; l’ambito di protezione è scritto su uno dei due lati in kanji colorati. Indimenticabile la puntata dell’anime Maison Ikkoku dove Godai acquista per sbaglio quello per augurare “un parto felice”. Perché questo grazioso portafortuna espleti al meglio la propria funzione non deve essere aperto, e andrebbe inoltre riconsegnato dopo un anno allo stesso tempio dov’è stato comprato, cosicché i monaci lo possano bruciare purificandolo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Analoga mansione svolgono anche gli iconici daruma, anch’essi reperibili nelle vicinanze dei templi buddisti; si tratta di bambole votive di forma ovale/sferica che rappresentano in versione stilizzata il primo patriarca dello Zen. Il faccione del daruma è quello di un uomo di mezz’età con barba e baffi neri e due orbite oculari completamente bianche: con un pennarello nero bisogna colorare solo una pupilla esprimendo un desiderio, la seconda si potrà disegnare una volta raggiunto l’obiettivo. Se è vero che il colore più comune per un daruma è il rosso, è vero anche che ne esistono diverse varianti cromatiche co- me ad esempio verde, giallo, blu, bianca, nera, viola e dorato, a seconda dei campi d’azione dello stesso: fortuna generale, salute, soldi, lavoro, spiritualità… Anche le dimensioni possono variare parecchio, da pochi cm fino a quasi il metro di altezza; si dice inoltre che più importante è il desiderio, più grande deve essere il daruma stesso. Per essere sicuri che la nostra bambola funga a dovere è caldamente consigliato posizionarla in un luogo elevato da cui possa dominare tutta la stanza e diffondere così i suoi benevoli effetti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tra i manga più recenti a utilizzare ampiamente l’iconografia relativa ai daruma, As the Gods Will di Kaneshito Muneyuki. Come gli omamori, anche loro vanno riconsegnati per la purificazione al tempio entro l’anno se il desiderio non si è avverato, perché il kami (spirito) sappia che non ci si è arresi, ma che si persevera nella realizzazione del proprio obiettivo per altre vie.

E per finire mi rivolgo agli studenti che di talismani, si sa, hanno sempre bisogno. Se siete alle prese con esami e test vari, non vi resta che puntare sui dolcissimi takochu (tako = polpo): piccoli, rari, colorati e costosi polpetti in acrilico o plastica che vi consentiranno di passare brillantemente qualsiasi prova. Perché? Ma è ovvio, perché in Giappone l’anglofono lemma “octopus”, viene translitterato come “Ok-To-Pass”, e l’assonanza non poteva che essere di ottimo auspicio in vista di un esame da superare, no?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Foto: © Courtesy of Giorgia Cosplay

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