Nicola Nocella: Meglio tattici o strategici?

Che tipo di attore è meglio essere?

Io sono pigro. Da far schifo. Avete presente i workaholic? Quelli che rincorrono il lavoro nella lunga maratona che è la loro vita, verso un traguardo immaginario lontano lontano, e intanto si sfiancano non guardando nemmeno gli spettatori a bordo strada che fanno il tifo per loro? Ecco, io sono uno spettatore. Ma non per strada, sto a casa. Davanti alla Tv. Addormentato. Nella vita sono così: alcolizzato, eccessivamente carnivoro, nottambulo e sregolato. E poi c’è il lavoro. Quando lavoro vado a letto presto, non bevo, tendo a dimagrire perché mangio meglio e meno, vado in palestra e sono una scheggia. Funziono così. E l’ho imparato dai grandi con cui ho lavorato. Quelli grandi grandi davvero non hanno mai fatto un minuto di ritardo la mattina sul set ed erano sempre perfettamente lucidi e “sul pezzo”. Certo, personaggi semipicareschi che pensavano di essere al luna park solo perché gli della botta di culo di una scelta non perfetta da parte del casting ne ho incontrati anche io, sul set. E poi non li ho rincontrati più.

Cioè, le Lollipop a Sanremo ci sono andate e sono subito tornate a casa, portandosi dietro, però, il capolavoro della peggior performance della storia sul palco dell’Ariston. E ce ne vuole, alle volte, per detenere certi record. Ecco, io mi immagino il cantante indie in camera sua che pensa “Però loro a Sanremo ci sono andate! Io non ci andrei nemmeno se mi chiamassero, ma spero che mi chiamino per andarci comunque!”. Allora, amico mio che hai litigato forte col tuo parrucchiere, io ti chiedo: “Ma è davvero meglio non avere un’occasione e non dimostrare di non essere capaci, oppure averla e fare una gura di merda?” Ogni tanto capita. Capita che tu possa ritrovarti su un set un bicchiere d’aceto. Il dramma vero è che anche un solo bicchiere d’aceto rovina la botte del migliore Barolo.

Un film perfetto è un film in cui deve girare la macchina al completo. Come il Leicester di Ranieri che vince la Premier: ci vuole che giri tutta la squadra, che siano tutti in stato di grazia, che le altre sbaglino tutte insieme e che gli astri non solo siano favorevoli, ma abbiano proprio comprato il biglietto del tuo show di festeggiamento. Ci vuole grandissimo culo perché tutto sia perfettamente incredibile. E un paio di volte, nella vita, succede. Poi c’è tutto il resto. Il mantenimento. In attesa del ritorno degli astri favorevoli, che facciano tutto il giro dell’oroscopo e delle dodici case dei cavalieri d’oro. Una carriera, un percorso artistico, si costruisce cavaliere dopo cavaliere, e non tutti raggiungono il settimo senso nello stesso momento. Bisogna pensare davvero all’obiettivo finale.

Uno dei più grandi uomini che abbia mai conosciuto, il Prof. Massimo Bartoccioli, un genio della pubblicità, con un Campari in mano un giorno mi disse che la vera forza stava nel saper essere strategico, non tattico. Pensare non solo in grande, ma in lungo, con una strategia che abbia un senso nel lungo periodo in modo da vedere anche i piccoli inciampi e le piccole vittorie comunque come gradini da continuare a scalare per arrivare all’obiettivo finale. Invece, spesso, tendiamo a essere tattici, a pensare all’oggi, all’ora, all’adesso, come se non ci fosse domani. Mettendo una toppa adesso, senza pensare a cosa avremmo potuto costruire un giorno. Ecco, le carriere, quelle vere, si costruiscono coi “no”, mi hanno sempre detto. A testa alta. Con professionismo, sempre. Forse potremmo iniziare a costruire i manifesti del cinema italiano del prossimo decennio senza spostare sempre le figurine come i vecchi stacca/attacca usando sempre gli stessi, con la stessa faccia e la stessa barba, e gli stessi vestiti, e gli stessi capelli. Magari è il momento di aprire nuove bustine. Ogni tanto, una figurina rara si trova. Batte forte, inesorabile.

Brano ascoltato in loop mentre scrivevo: Narcotic – LIQUIDO

Foto: © One More Pictures/Rai Cinema

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