Nicola Nocella: «Dobbiamo cambiare musica»

Cinema Coronavirus

Metti il disco, fai girare il piatto, abbassa la puntina. E senti il suono del solco, prima della musica. Se non conoscete questa sequenza, non avete mai davvero ascoltato la musica. Questo è quello che pensano quelli che voi chiamate boomer, i vecchi, quelli che “le girelle di quando eravamo bambini noi erano più buone di adesso”, quelli come me, che un po’ vecchio lo sono da quando ero bambino. I giradischi, gli impianti per ascoltarli, la fatica per trovarli, i negozi giusti dove acquistarli e, oggi, il costo. Elevato, tanto, visto che posso ascoltare la stessa cosa, in qualità anche superiore, gratis. Magari pagando un abbonamento eh, ma piccolo piccolo, considerando quello che ci trovo dentro, che è infinito. I vinili, che dichiaravano morti e sepolti trent’anni fa, e che adesso fanno tanto fighetto e cool, e infatti costano l’ira di dio. I vinili. Che sanno di vecchio. Ma anche di figo. E che ti fanno sembrare di saperne di più, di capire meglio. Bisogna essere intenditori veri, per scegliere e comprare un vinile, e poi ascoltarlo. Che ci devi avere un impianto giusto, amplificato, magari un equalizzatore o uno stereo apposta. Devi tenere tutto in ordine e funzionante per sentirli bene. Però, ca**o, quando ti metti lì e ascolti un disco, lo ascolti davvero. Ascoltare un disco: una metonimia con cui cresci e spesso muori, perché è la musica incisa sopra che ascolti, e potresti ascoltarla in modi più veloci, immediati, in streaming, gratis, con libero accesso, con impianti che hai a casa molto più potenti e tecnologici. Io, i vinili, li compro ancora. Non ho mai smesso di comprarli, in realtà. Certo, posso permettermelo, sono un fan, un appassionato, ho il mio gruppo di amici, come me, con cui discuterne, e poi mi piace sembrare un figo, con un bel vinile sottobraccio. Trovarli, comunque, non è così semplice: ne producono sempre meno, costano tanto, deve valerne davvero la pena e il rischio di restare delusi è altissimo. Perciò faccio molta attenzione. Eppure li compro. E siamo rimasti in pochi a farlo. I cinema sono chiusi da mesi. Chi ha riaperto sta facendo una fatica indescrivibile, e sta decidendo di chiudere. Con le arene estive – spesso gratuite – sapendo che le distribuzioni hanno ormai dato tutti i loro film alle piattaforme streaming e che comunque quella finestra che c’era tra la distribuzione in sala e la possibilità di vederlo a casa è ormai talmente stretta che probabilmente, faccio in tempo ad andare in vacanza e al ritorno sarà accessibile – conscio del fatto che, tra distanziamento sociale e senza aria condizionata, pop corn e caramelle sarà un inferno – la domanda post covid, estiva e prenatalizia che mi faccio, è: chi ca**o me lo fa fare? Ho paura. Seria. Che stia per succedere. Che la sala cinematografica diventi come il vinile. E non è stata aiutata da nessuno, in questo periodo. Adesso o accettiamo che sia inevitabile, o ce la mettiamo davvero tutta per aiutare gli esercenti, tutti. Dalle piccole sale di provincia ai multiplex, è un nostro preciso dovere morale essere dalla loro parte. E dare a voi un motivo per pagar loro un biglietto. “La felicità è risolvere problemi, non anestetizzarsi”, diceva Bauman. Finisce l’estate, ma è il momento di cominciare a sudare, io sono felice solo dentro un cinema.

Brano ascoltato in loop mentre scrivevo: If I ain’t got you – Alicia Keys

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