Neri Parenti, regista di lungo corso dei cinepanettoni con Boldi e De Sica ma anche più volte dietro la macchina da presa di film con Paolo Villaggio, ha rilasciato domenica scorsa un’intervista Il Fatto Quotidiano in cui ha raccontato molti aneddoti relativi alle commedie natalizie da lui realizzate, che troveranno posto anche nel suo libro Due palle… di Natale.
Tra le tante curiosità snocciolate, trovano posto in particolare delle dichiarazioni di Parenti proprio sul comico e attore genovese, interprete del ragionier Ugo Fantozzi in uno dei filoni più longevi e di successo del nostro cinema. Dalle parole di Parenti, nello specifico, emerge la durezza con cui Villaggio era solito trattare i suoi collaboratori, quasi a mo’ di personaggi inevitabilmente fantozziani.
Racconta Parenti: «Aveva un agente, Mario De Simone, uno schiavo. Gli telefonava a qualunque ora e a qualunque ora doveva dimostrare una certa prontezza. Per esempio: Paolo, in casa, aveva un antifurto collegato all’appartamento di Mario e il poveretto abitava dall’altra parte della città. Tutte le sere, apposta o meno, si scordava di toglierlo. E dopo dieci minuti, si palesava Mario, in pigiama, con sopra il cappotto. Un giorno Mario mi ha confessato il lato tragico “Quando sento l’allarme spesso sono vestito: indosso il pigiama nel vago tentativo d’intenerire Paolo”».
«A Villaggio non gliene importava niente– prosegue il regista Fiorentino – L’unico vezzo di De Simone era di acquistare un palchetto durante gli Internazionali di tennis. Paolo accendeva la televisione e quando si accorgeva della presenza sugli spalti di Mario, felice dietro i giocatori, lo chiamava al cellulare “Venga, è un’emergenza”. Paolo godeva nel vedere il suo agente, trafelato, alzarsi e correre via. Prima di Paolo, Mario seguiva gli attoretti mentre Villaggio era stato cacciato dalle agenzie a causa di ritardi e bizze. Era un cliente pessimo. Nel loro incontro ognuno ha coperto le assenze dell’altro, Mario era disposto a tutto per lui, una volta si è fatto sparare».
Paolo Villaggio sarebbe stato particolarmente intransigente anche con gli autisti. «Era crudele anche con gli autisti. Li cambiava in continuazione e nel momento dell’addio, applicava la supercazzola. Gli farfugliava qualcosa e qualche indirizzo, ovviamente incomprensibile. All’ennesimo, inevitabile errore, li guardava con commiserazione e aggiungeva “Sono costretto a mandarla via”».
Qui potete rileggere il nostro ricordo di Paolo Villaggio scritto, tre anni fa, in occasione della morte del celebre attore genovese.
Fonte: Il Fatto Quotidiano (pagg. 24-27 di 59)
Foto: Getty (Ernesto Ruscio/Getty Images)