Martin Scorsese: «Joker è molto diverso dagli altri film di supereroi»

E il motivo per cui ha rifiutato di collaborare con Todd Phillips e la Warner Bros? Qui le parole del cineasta

Joker

Martin Scorsese non è un grande amante dei cinecomic (qui le sue ultime parole riguardo le produzioni della Marvel), ma sappiate che ha comunque fortemente considerato di avere un ruolo in Joker, un adattamento che definisce “molto diverso” rispetto gli altri film di supereroi e che trae molta ispirazione dai suoi passati lavori come Taxi Driver e Re per una notte.

Non sappiamo con certezza se Marty avrebbe dovuto dirigerlo oppure se si sarebbe limitato a un ruolo da produttore, ma ecco quanto ha dichiarato durante una recente intervista: «Conosco il film molto bene. Conosco Todd molto bene. L’ha prodotto la mia produttrice Emma Tillinger. Ci ho pensato a lungo negli ultimi 4 anni, e ho deciso che non avevo tempo. Però hai ragione, è stato influenzato [dal mio lavoro]. Todd mi aveva detto, “Marty, questo è tuo”, e io avevo risposto, “Non so se lo voglio…”. Le ragioni per cui non sono stato coinvolto sono molto personali. Ma conosco molto bene lo script, il film ha energia e una performance notevole di Joaquin».

Insomma, qual è il motivo per cui Marty ha infine deciso di declinare? Ecco la spiegazione del regista: «Non sapevo se sarei riuscito a compiere lo step successivo, cioè a sviluppare questo personaggio in un personaggio dei fumetti. Mi segui? Lui diventa astrazione. Non significa che sia cattiva arte, solo che non fa per me. Ed è diverso dai film di supereroi. È molto diverso. I film di supereroi, come ho dichiarato, sono un’altra forma d’arte. Non sono facili da realizzare, ci sono un sacco di persone talentuose che fanno un bel lavoro, e a un sacco di persone giovani piace guardarli. Ma penso che siano più come l’estensione di un parco a tema».

Ha infine concluso Martin, proseguendo la sua crociata contro le grandi produzioni che rischiano di rubare sempre più spazio al cinema d’autore: «L’ho visto succedere a Hollywood durante l’inizio degli anni ’70, quando i capi degli studios parlavano di avere un Disney World nell’industria. Hanno sempre puntato verso quella direzione. Puoi fare il tour degli studios, come se fossero l’attrazione di un parco divertimenti. Quindi, perché non metterci anche un film? Perché non rendere un film parte dell’esperienza? Io mi preoccupo perchè i cineasti hanno bisogno delle sale. Non puoi dire agli studios, alle corporazioni e agli esercenti di smettere di far soldi, ma dall’altro canto, devono dare qualcosa indietro alla cultura. Devono creare uno spazio in cui i cineasti possano mostrare i loro film sul grande schermo».

Ecco l’intervista completa

© RIPRODUZIONE RISERVATA