Estate non significa solo mare, sole e spiagge. Estate significa stare insieme, riscoprirsi, significa imparare qualcosa di più su se stessi e sugli altri, capire il mondo, vederlo sotto un’altra luce e da un’altra prospettiva e soprattutto significa essere liberi, sentirsi indipendenti, vedere le difficoltà come nuove possibilità e le possibilità come fantastiche avventure.
Nei fumetti, l’estate è fatta di colori e di sfumature, di segni più o meno decisi e di storie leggere e morbide, che hanno lo stesso sapore dell’adolescenza e dei ricordi. In Stelle o sparo (Bao Publishing), Nova racconta l’estate come il viaggio di due amiche su un’isola sperduta che sa di «buono e di anni ’80». La storia inizia e finisce con il loro rapporto, con le cose che si dicono e che vivono. La realtà è come sospesa. Non ci sono obiettivi, non ci sono impegni; c’è tutto il tempo del mondo per scottarsi, per andare in giro, per stendersi sulla sabbia e dormire. Lo stile di Nova è semplice, immediato, estremamente efficace: è questa la sua più grande forza. L’estate di Stelle o sparo ha la forma di un bambino che diventa il tuo migliore confidente, è grande quanto il cielo stellato e ha la stessa freschezza appiccicaticcia di un letto avvolto nella penombra. Una sorella (Bao Publishing) di Bastien Vivès, invece, si muove su un altro piano e verso altri orizzonti. Conserva la stessa dolce malinconia per il passato, e allo stesso tempo va oltre. I protagonisti, qui, sono bambini. Preadolescenti. Vanno in vacanza con le loro famiglie, e nel giro di pochi giorni devono trovare un nuovo equilibrio: stanno crescendo e il mondo non è più un posto così piccolo e tranquillo, fatto solo di disegni e di giochi da tavolo. C’è anche altro. C’è, per esempio, il sesso. E un incontro quasi casuale, alla fine, può diventare l’incontro più importante della vita, perché è il primo amore e dal primo amore tutti, bene o male, usciamo cambiati. Vivès imprime nel suo disegno la sensualità dei corpi e dei movimenti.
Rende tutto riconoscibile, vero, profondo. Il suo fumetto ha il retrogusto amarognolo delle cose rimpiante e dei sogni a metà. Un’estate fa (Bao Publishing) di Jordi Lafebre e Zidrou è uno di quei acconti che sono in grado di ribaltare completamente le nostre idee e le nostre percezioni. Parla di fumetto (inteso come arte e come lavoro), di viaggi, di famiglia; parla di sacrifici, di lutto, di bottiglie di vino lasciate in acqua a raffreddarsi, e parla anche di campeggi improvvisati, sulla via del ritorno o dell’andata. Ha la stessa dolcezza che hanno certi classici: leggendolo viene voglia di fermarsi, di alzare gli occhi al cielo e di perdersi nei propri pensieri. È uno di quei fumetti che sanno riempirti di calore e di passione in pochissime pagine e che ti sorprendono con un paio di vignette. Qui non ci sono solo i disegni o le battute; qui c’è una regia sopraffina, matura, che interviene continuamente, preservando l’esperienza del lettore.
L’estate, dopotutto, è anche questo: una storia che abbiamo già sentito, che forse abbiamo anche già vissuto, ma che ci fa sempre piacere riascoltare.
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