Non è mai facile trovare la chiave giusta quando si vogliono affrontare tematiche forti quali l’integrazione razziale, i rapporti familiari e l’orientamento sessuale. Ma American Crime, la serie ideata da John Ridley (autore premio Oscar per la sceneggiatura di 12 anni schiavo), ce l’ha fatta con una prima stagione celebrata da critica e pubblico, vincitrice di sei Emmy e nominata ai Golden Globes di quest’anno. Ridley è riuscito a squarciare il sogno americano raccontando realtà difficili, di sicuro impatto emotivo, senza mai scadere nella retorica, sviluppando un intreccio di eventi che offrono importanti spunti di riflessione a livello socio-politico.
La struttura è quella antologica, la stessa di show come American Horror Story per capirci: ogni anno, lo stesso cast di attori torna per calarsi in ruoli e contesti narrativi diversi. Dopo un primo ciclo di episodi che indagava sull’omicidio di un veterano di guerra e l’aggressione di sua moglie, la seconda stagione – disponibile in anteprima esclusiva su TIMvision, la tv on demand di TIM – racconta di Taylor Blaine (Connor Jessup), uno studente di estrazione proletaria che frequenta una scuola privata e accusa due studenti – Kevin LaCroix ed Eric Tanner, star della squadra di basket del liceo – di averlo drogato, violentato e di aver postato le foto dell’atto sui social network. Il fatto porta alla luce le tensioni sociali della piccola comunità e mentre la preside della scuola (Felicity Huffman) cerca di salvare la reputazione dell’istituto, nella vicenda entra in gioco l’allenatore della squadra di basket (Timothy Hutton, premio Oscar per Gente Comune).
Di seguito, lo spot della seconda stagione:
Leggi anche l’approfondimento: “American Crime, perché vederlo”, su Bestserial.it
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