All’interno della cornice offerta da Porta Siberia, cinquecentesco ingresso della città vecchia di Genova, nel pomeriggio del 3 luglio 2019 prende il via la terza edizione del Cine&Comic Fest. Un’edizione ricca di eventi che parte dalla locandina di Zerocalcare, co-direttore assieme a Giorgio Viaro, nella quale il porto antico è rappresentato come approdo accogliente per le storie e chi le racconta.
Ad aprire il Fest ci pensano Nicola Guaglianone e Menotti, al secolo Roberto Marchionni, con la conferenza dal titolo Come si scrive un Cinecomic.
I due, che vantano una lunga esperienza nella scrittura di sceneggiature, hanno il grande merito di aver intuito e realizzato quel gioiello che è stato Lo Chiamavano Jeeg Robot, per la regia di Gabriele Mainetti, che non solo si è imposto fino a diventare un cult, ma ha anche aperto ad una nuova stagione per il cinema italiano, chiamato ad esplorare il mito dell’eroe, declinando la grammatica dei superhero movies in modo adulto.
«Quando si parla di Jeeg Robot, mi sta stretta la definizione di Cinecomic – racconta Nicola Guaglianone – perché non si tratta di un film nato da un fumetto, ma di un’opera originale, nostra, anche se – ammette – ha avuto tra le sue fonti di ispirazione Una settimana da Dio e soprattutto il primo Spider-Man di Sam Raimi».
«Quando abbiamo pensato alla storia di Jeeg – racconta Menotti – ci siamo posti di fronte alla voglia di raccontare il rapporto tra l’uomo comune e il mito, un evento straordinario che lo cambia per sempre; per questo è forte il legame con l’impronta che ha dato Raimi a Spider-Man».
La grande difficoltà nel realizzare il film è stata tutta nel rendere credibile il contesto nel quale Enzo Ceccotti, interpretato da Claudio Santamaria, passa da ladruncolo in fuga per le strade di Roma, a supereroe.
«In Italia, diversamente da quanto avviene in America – racconta Menotti – non si crede ai supereroi nostrani; è difficile trovare tra i nostri eroi a fumetti un personaggio italiano, ad esempio. Tanto che il rischio che si corre nel raccontare una storia che tratti il tema è di finire in una comicità non voluta. Ve lo immaginate un eroe in calzamaglia per le strade di Roma? Per questo motivo abbiamo scelto di tradurre il racconto attorno all’eroe, Enzo/Jeeg, elaborando una struttura che lo rendesse credibile per il contesto italiano».
«Enzo – continua – come Spider-Man, una volta avuto il suo dono pensa a sé stesso (Peter Parker si dà al wrestling), sradicando un bancomat. La differenza con Spidey è che il suo passaggio dal mettere al centro sé stesso, al mettersi a disposizione degli altri, non è immediato, ma passa attraverso un percorso definito».
Il suo cammino dell’eroe, la crescita, è il core del film.
«Ovviamente l’ispirazione alla nostra infanzia è evidente – continua Nicola – al punto che, come nell’anime di Gò Nagai, anche il nostro eroe ha in Alessia (una straordinaria Ilenia Pastorelli) la sua Miwa Uzuki, la ragazza che lancia i componenti del robot. Jeeg è un eroe che ha bisogno di una donna per essere completo».
Non manca il riferimento a Marinelli, prossimo interprete di Diabolik, e alla parabola dello Zingaro, il villain del film.
«Anche nel suo caso – raccontano i due – si è fatto un lavoro di analisi delle debolezze per esasperarle in un percorso di crescita. Lo Zingaro è un arrivista che cerca di affermarsi nella malavita romana».
Un personaggio tragico, violento, verso il quale però si arriva a provare quasi una forma di empatia, perché, aggiunge Menotti «come De Niro in Taxi Driver, la gente che ha attorno è peggio di lui».
Durante l’incontro colpisce come quello che è stato un successo riconosciuto dal pubblico e dalla critica, sia stato frutto di un lavoro lungo e non sempre facile.
«Quando siamo arrivati con Jeeg – racconta Guaglianone – dovemmo fare i conti con lo scetticismo preventivo, la critica che storceva il naso mentre il film era ancora in lavorazione, e con alcuni “No” che hanno fatto male, come quello di Venezia. Poi, dopo mille traversie, anche perché ci venisse riconosciuto il diritto di menzione per la sceneggiatura, siamo arrivati al Festival di Roma e ci siamo accorti, per la prima volta, che Lo Chiamavano Jeeg Robot funzionava».
Il percorso di Menotti parte da Bologna e dalla sua esperienza come fumettista. «Collaboravo con Frigidaire, una rivista culturale degli anni ‘80, e poi con Blue, anch’essa una rivista autoriale. Intorno al 2000 mi trovai a Roma ed iniziai a sceneggiare sit-com».
«Quella delle sit-com – racconta anche Nicola – è stata un’esperienza formativa fondamentale, perché nel momento in cui ci sono delle scadenze serrate, raccontare l’immaginario non è più una passione che insegui quando hai voglia, ma un lavoro che prevede disciplina e metodo».
Bella la visione di Nicola sulla narrazione: «Raccontare storie è un potente elemento aggregante. Il potere delle storie, di dare forma all’immaginazione, ha costituito una spinta evolutiva notevole per la storia dell’umanità».
Durante l’incontro si parla anche dei maestri, racconta Menotti: «Casa Vianello, con la sua formula basata sul gioco delle parti tra Sandra e Raimondo, è stata una sit-com politicamente scorretta, perfetta e quasi scandalosa se rivista oggi, un momento nel quale la ricerca del politically correct ad ogni costo, rischia di decadere in una forma di omologazione che toglie sapore alle storie».
«Quando ho cominciato io – confessa Nicola Guaglianone – ricordo che studiavo Friends scalettando gli episodi per trovare la chiave narrativa; nel contrasto tra la visione che ha di sé il protagonista e le vicissitudini che lo smentiscono, si nasconde la storia da raccontare».
Guaglianone ha inoltre ideato il soggetto del nuovo, atteso lavoro di Gabriele Mainetti, Freaks Out, con il quale ha anche firmato la sceneggiatura.
Ovviamente, ha mantenuto il massimo riserbo in merito ai dettagli di uno dei film più attesi della stagione prossima. Ma alcuni rumor parlano di un progetto notevole, di cui egli stesso si è mostrato entusiasta: «L’ho visto in post-produzione e mi sono commosso, ma non si chiede mai all’oste se è buono il suo vino».
La sinossi ufficiale parla di un’ambientazione circense nella Roma del 1943, ma alla domanda se, anche in continuità col Fest appena iniziato, si possa parlare di Cinecomic la risposta è stata eloquente: «Assolutamente sì!».
Foto: @Edoardo Cavazzutti / Porto Antico Spa
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