Io, gli avvocati, li detesto. Forse anche più degli uffici stampa. Ma se la mia idiosincrasia per questi ultimi è relativamente recente, causa questo mestiere maledetto che faccio, quella per i rappresentanti legali è ben radicata fin dall’infanzia. Ma mi stanno proprio antipatici, tutti. Compreso il mio. Scherzo, a lui voglio bene: non lo pago. Dicevo, l’odio. Feroce. Atavico. Con gli avvocati ho avuto fattivamente a che fare solo dopo i 20 anni, tra querele, D.A.SPO., risse e tutte le cose interessanti che ti possono capitare se vivi a Corato, in provincia di Bari, e sei un ribelle, come oso definirmi io, o un cretino, come preferisce mia madre. Colpevoli, ce ne sono molti. Uno su tutti: Jonathan Demme; Springsteen all’inizio, Neil Young alla fine, e la città dell’amore fraterno in mezzo.
Sì, è tutta colpa di Philadelphia, che per me, all’epoca, era Kaori, una giapponese che mangiava formaggio spalmabile, tanto carina e simpatica. Cosa sono mille avvocati incatenati in fondo all’oceano? E perché in tutti i film gli avvocati sono tutti cattivi, arrivisti, ambiziosi e, diciamolo, un po’ stronzi e il massimo che può capitargli è una redenzione finale in cui si accorgeranno di che esseri immondi siano stati solo per rinnegare se stessi? E soprattutto, come poteva un ragazzino del nord barese sapere che tutta la roba che guardava in Tv (è lì che ho visto tutto il cinema fino a quando non ne hanno aperto uno nel mio paese) riguardava un sistema legale americano che nulla ha a che fare con quello nostrano? Non poteva, e infatti sto ancora aspettando che mi convochino come giurato per farmelo spiegare come se avessi sei anni e per sentire le arringhe finali. Obiezione, Vostro Onore. Per queste ragioni, perciò, io, gli avvocati, non li voglio fare. Obiezione, direte voi: hai fatto il super criminale che ammazzava le vecchiette a mani nude in una serie per Canale 5! Eh, preferisco. No, proprio no. Io, l’avvocato, come personaggio, non voglio farlo.
Quando ho fatto Studio Illegale, per quanto avessi amato il libro di Baccomo, non avevo voglia di fare l’avvocato buono, dolce, sensibile, lo dissi anche al regista, Umberto Carteni. «Non preoccuparti», mi disse lui, «alla fi ne è stro**o peggio di tutti». Accettai. Ecco, promisi che non l’avrei mai più fatto. E poi è arrivato Zalone. Quando andai da lui, mi disse che voleva che facessi l’avvocato. «No, Luca, no. Io li odio tutti». E lo dissi a uno laureato in giurisprudenza. «Pure io», rispose lui. «Però ci terrei che lo facessi tu». Accettai, perché ci tenevo a fare un film con Zalone, e mi sono ritrovato davanti a uno che è un genio, un genio vero: non avevo mai lavorato con un regista che fosse davvero capace di far ridere in ogni scena, ogni battuta, ogni circostanza. Un genio, punto. Criticarlo è da idioti: lo sapevo prima e lo affermo con forza ora, dopo averci lavorato e soprattutto sarà quella boccata d’ossigeno grande per le sale italiane che sarà di buon auspicio per l’anno che verrà. E insomma, in questo momento si è materializzato l’ufficio stampa del film che mi ricorda cordialmente, caricando il proiettile nella pistola che ha puntato alla mia tempia destra, che non posso dirvi nulla di questo film. Di cui avrete letto, ovunque, e che ha occupato militarmente le sale di tutte le città. E se ce la fate, sopportate quella decina di minuti scarsi in cui il mio personaggio, l’avvocato, è in scena in Tolo Tolo. Sono praticamente gli unici in cui non è in scena Checco. A proposito, sapete cosa sono mille avvocati incatenati in fondo all’oceano? Un buon inizio! E allora buon inizio anche a te, a me, a tutti quanti. Tutti quanti.
Brano ascoltato in loop mentre scrivevo: Jealous Buffoon – AWOLNATION
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