1) La commedia

Mark Gatiss e Steven Moffat hanno fatto la storia della tv: vi spieghiamo perché

Le precedenti stagioni di Sherlock facevano spesso sorridere, e a tratti ridere di gusto: merito dell’aplomb ai limiti dell’autismo del protagonista e del modo in cui il suo carattere non facilissimo andava a scontrarsi con il resto del mondo. Con la terza stagione, Gatiss e Moffat hanno deciso di, come dicevano in Boris, «aprire tutto»; in particolare con la seconda puntata, The Sign of the Three, strutturata (e girata!) come fosse una commedia inglese à-la-Funeral Party, completamente costruita sul rapporto tra i due protagonisti e tra loro e il resto del mondo. È l’inadeguatezza sociale dell’investigatore privato elevata ad arte, e inserita nel contesto più formale e impeccabile che si possa immaginare.

Ma nel corso della stagione non si ride solo per le scene di Sherlock e Watson ubriachi, o per il fenomenale “discorso del testimone” di Cumberbatch; persino i momenti più potenzialmente pesanti, come il ricongiungimento dopo due anni tra Sherlock e Watson, viene tinto di una vena di levità e surrealismo che lo rendono più facile da digerire. Per non parlare del coraggiosissimo finale della prima puntata (la gag della bomba…). Il tutto per cullare gli spettatori in un falso senso di sicurezza, frantumato dal terzo, cupissimo episodio.

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