Visto con i bambini, Wonder Park recensione: la vita è come un luna park

Un film che insegna ai bambini a non spegnere la propria luce interiore anche quando il mondo è pieno di brutture. Ecco la nostra Wonder park recensione

L’elaborazione del dolore è un tema molto importante che molti film dedicati ai più piccoli affrontano con delicatezza e con l’aiuto di metafore per guidare i bambini in un percorso di crescita che sia il più possibile colorato e divertente. Ci prova anche Wonder Park, film d’animazione prodotto da Paramount Animation e Nickelodeon Movies e realizzato da Ilion Animation, gli Studios spagnoli di Planet 51. Qui Wonder Park recensione del film visto con i bambini.

Wonder Park recensione

La trama

June ha otto anni e una grande passione: ama progettare le attrazioni per un parco divertimento insieme alla mamma. Ogni sera prima di andare a dormire si immaginano quale meraviglia potrebbe costruire per i visitatori lo scimpanzé Peanut che, con il suo magico pennarello, disegna spettacolari attrazioni che lasciano tutti a bocca aperta. Spettacolari prove di immaginazione che diventano presto realtà e si moltiplicano in ogni parte della casa in un enorme parco in miniatura. Meravigliandia, questo il nome del luna park inventato da June, però perde presto il suo fascino quando la mamma viene ricoverata in ospedale per una grave malattia. La paura di perderla si trasforma in un guscio con il quale cerca di proteggere se stessa dal dolore e le fa perdere interesse nella magia del mondo. Tutto quello che le interessa ora è prendersi cura del padre, perché non può rischiare di perdere anche lui…

Cercando di fuggire a una settimana in montagna con la scuola, June si ritrova sola nel bosco dove, come per magia, Meravigliandia prende vita per davvero. Peccato però che quello che doveva essere un colorato e allegro luogo di divertimento è ora un posto desolato e destinato alla distruzione. Insieme ai suoi amici immaginari – Boomer, l’orsetto che accoglie gli ospiti del parco; Steve, il porcospino addetto alla sicurezza; Greta, un cinghiale pieno di buon senso; e i due castori manutentori Cooper e Gus – June cercherà di scoprire come sconfiggere la misteriosa “oscurità” che minaccia il parco e che ha trasformato adorabili peluche in un’orda distruttiva di Chimpazombie.

L’elaborazione del dolore 

Come già spiegato magistralmente da Pixar con Inside Out, la tristezza fa parte della nostra quotidianità. Crescendo le emozioni basilari si contaminano fino a creare un’infinita gamma di varietà di sentimenti più complessi che regolano l’animo umano. In cui la tristezza ha un ruolo predominante, soprattutto quando a intralciare il nostro cammino è un avvenimento molto doloroso come una malattia, se non la morte stessa. Un sentimento con cui è difficile convivere soprattutto se non si hanno gli strumenti adeguati per affrontare questo grande cambiamento. Nel film June ha un padre molto affettuoso che però non riesce a trovare il modo di comunicare con lei, chiusa nella paura di perdere la madre. Questo fa sì che “il nulla” (sì, proprio come quello che cerca di annientare la fantasia ne La storia infinita) si impossessi del suo cuore e annienti la sua voglia di guardare il mondo con gli occhi della fantasia e dell’immaginazione.

Sarà proprio la scoperta, poco importa se reale o immaginata, delle conseguenze catastrofiche che porta con se il passaggio del nulla a convincere June a non darsi per vinta e a seguire le indicazioni della mamma che le chiedeva di non perdere mai la voglia di fantasticare.

Romanzo di formazione

Wonder Park mostra come la vita di ciascuno di noi sia un grande luna park, tra risalite vertiginose e cadute a perdifiato, passando per vorticosi giri della morte che lasciano senza fiato. Un’idea nata dalla mente creativa di André Nemec e Josh Appelbaum, duo già dietro al successo di Tartarughe Ninja e Mission: Impossible – Protocollo fantasma, che hanno trasformato la trama del film in un romanzo di formazione sul potere dell’immaginazione e sull’importanza di imparare a superare le proprie paure. Prendendo ispirazione da varie pellicole (oltre a La storia infinita e Inside Out anche Il mio vicino Totoro e Alice nel paese delle meraviglie) il film, che mostra alcune debolezze in fase di sceneggiatura, vuole insegnare ai bambini a non spegnere la propria luce interiore anche quando fuori il mondo è pieno di brutture.

Visto con i bambini

Alex (10 anni) e Giorgio (8 anni) sono rimasti molto colpiti dal rapporto quasi simbiotico di June con la madre. D’altronde quello di perdere uno dei genitori è un pensiero che colpisce chiunque a qualunque età e vedere tale paura concretizzarsi sul grande schermo provoca una certa inquietudine. A tranquillizzare gli animi però ci ha pensato un’animazione molto morbida e colorata arricchita da personaggi simpatici e di grande appeal (su tutti l’orso mascotte Boomer che ricorda un po’ il Sulley di Monsters & Co.). Ma soprattutto il film ha acceso la fiamma dell’immaginazione in Alex e Giorgio che non vedevano l’ora di tornare a casa dopo il film per provare a costruire anche loro un parco delle meraviglie (a tavola hanno anche iniziato a progettarlo su un grande foglio). Un film adatto a tutte le età ma attenzione ai più piccoli che potrebbero spaventarsi dall’orda di Chimpazombie determinati a distruggere tutto sul loro cammino.

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