Visto con i bambini, la recensione di Toy story 4. Quando l’amore vince sulla paura

Il quarto capitolo della saga di Toy Story continua a stupire ed emozionare nonostante qualche difetto di inesperienza. Con un finale che cambierà per sempre le sorti dei nostri amati giocattoli

24 anni fa Toy Story, il primo lungometraggio della storia del cinema realizzato interamente in digitale, usciva in sala cambiando per sempre il modo di concepire l’animazione. Oltre che per il lato tecnico anche quello narrativo. Una storia semplice ma non banale raccontata a un pubblico di bambini ma che strizzava l’occhio a quello adulto. Una vera rivoluzione per il mondo dell’animazione e del cinema tout court che continua ancora oggi grazie a Pixar, la divisione indipendente di Disney che punta da sempre sulla commistione perfetta tra trama e tecnologia. Leggi la recensione di Toy Story 4, visto con i bambini.

La recensione di Toy Story 4

La trama

Scende la pioggia sulla casa di Andy dove Woody e compagni stanno cercando di salvare un giocattolo abbandonato in cortile che rischia di essere portato via dall’acqua nel canale di scolo. Perché nessun giocattolo viene abbandonato, secondo il mantra dello sceriffo che, quella notte stessa, sarà però costretto a dire addio alla sua amata Bo Peep. Ceduta a un’altra famiglia, la saggia pastorella prende con filosofia il passaggio a un altro bambino e cerca di convincere Woody a seguirla nel suo nuovo destino: i giocattoli vengono smarriti ogni giorno e vengono rimpiazzati da altri più nuovi. Ma Woody, determinato a seguire la sua missione di giocattolo protettore del suo bambino, non resiste al richiamo di Andy e resta fedelmente al suo posto. Nove anni dopo Woody è nella cameretta di Bonnie, la bambina a cui Andy ormai cresciuto ha regalato tutti i suoi vecchi amici, ma il suo posto tra i giocattoli non è più lo stesso. Da leader indiscusso, ora è un reietto abbandonato spesso nell’armadio e costretto a cedere la sua stella di sceriffo a Jessie. Eppure la sua fedeltà a Bonnie, come a Andy prima di lei, resta immutata e intende fare di tutto per proteggerla da ogni delusione a tutti i costi, anche se questo vuol dire sacrificare gli amici di una vita.

3+1

Chi conosce bene la saga di Toy Story lo sa, il finale del terzo capitolo con Andy che passava il testimone a Bonnie era la conclusione perfetta di una saga squisitamente avventurosa che ha saputo giocare con tanti registri espressivi differenti (comico, drammatico, ironico e perfino horror) facendoci comprendere che tutti sono importanti, anche quei vecchi giocattoli che releghiamo in soffitta e che invece meritano una seconda possibilità. Questo nuovo capitolo, fortemente voluto da Lasseter e compagni, regala un nuovo finale strappalacrime e una svolta inedita alla storia. Non più film corale, protagonista assoluto di Toy Story 4 è Woody, l’integerrimo sceriffo che non usa scorciatoie in Toy Story 4 deve venire a patti con i propri ideali e a dare delle risposte a quesiti che mai si sarebbe immaginato di porsi. Si può venire meno ai propri doveri? È possibile per un giocattolo pensare di avere una vita alternativa lontano dal proprio bambino?
Relegato a personaggio di contorno è anche Buzz Lightyear, che però ottiene la sua rivincita. L’eroe intergalattico che nel primo film riusciva a rubare la scena con la sua adorabile ingenuità, qui lo vediamo protagonista di alcune delle scene più esilaranti mentre segue le indicazioni della sua “voce interiore”

Era post Lasseter

Pur essendo citato nei titoli di coda come autore del soggetto, John Lasseter è il grande assente di questo film che, in seguito al suo licenziamento, ha lasciato solo alla regia Josh Cooley, qui al suo debutto dopo il corto L’appuntamento di Riley (da Inside Out). Persa la sua bussola, Cooley si è trovato così a navigare in solitaria e, pur con qualche deviazione, è riuscito ad arrivare con successo alla meta. Peccato che, a causa della sua inesperienza come regista, ci sia un’eccessiva ripetizione di alcune scene che appesantiscono un racconto che avrebbe potuto invece approfondire maggiormente la crisi esistenziale dei personaggi.

Non solo Woody infatti è in piena crisi, costretto a guardarsi come in uno specchio diviso tra l’amore per la ritrovata Bo Peep e il suo dovere di giocattolo. Anche i nuovi personaggi vivono diversi tipi di difficoltà e si trovano a dover fare i conti con le proprie paure ma soprattutto con l‘ansia da separazione che colpisce i giocattoli smarriti o abbandonati. Come Duke Caboom (voce originale di Keanu Reeves e in italiano di Corrado Guzzanti), giocattolo degli anni ’70 ispirato a un vero motociclista canadese che è stato scartato perché inadeguato al modello mostrato nella pubblicità e ora è incapace di avere fiducia nelle sue capacità, o come Gabby Gabby, apparente villain del film, in realtà bambola in cerca di amore dopo essere sempre stata rifiutata perché difettosa. Ma soprattutto come Forky, il nuovo giocattolo fatto da Bonnie con oggetti di scarto che non riesce a capacitarsi di essere diventato un giocattolo e di non essere più semplicemente spazzatura. Ed è a partire dal tema dell’importanza di riuscire ad affrontare le proprie paure che si attua il passaggio di testimone. Con l’arrivo di Forky infatti avviene un vero e proprio ricambio generazionale. Dopo aver perso Andy Woody non ha più avuto lo stesso posto nel cuore di Bonnie, conquistato invece da Forky dal primo momento, facendo di lui un giocattolo di scarto. Condizione che non è facile da accettare e con cui alla fine sarà costretto a fare i conti in un finale che darà una svolta diversa alla saga.

Atmosfere noir

Come già nei precedenti capitoli, Toy Story 4 non rinuncia alla commistione di generi e inserisce atmosfere da film horror (elementi già presenti con i giocattoli di Sid nel primo film o con la lotta contro l’orsetto Lotso nella discarica alla fine del terzo). Sono infatti decisamente inquietanti i vecchi manichini da ventriloquo che aiutano la bambola Gabby Gabby a mettere in trappola Woody all’interno del negozio di antiquariato in cui vive. Ma le atmosfere da film noir non fanno in tempo a raggiungere un climax da paura che vengono immediatamente smorzate da esilaranti gag e battute e riportano il sorriso sulle labbra. Non manca neppure quel pizzico di femminismo che rende i personaggi con la gonnella un po’ più interessanti e Bo Peep in versione eroe solitario è davvero vincente.

Inizio col botto

A conti fatti Toy Story 4 è forse il capitolo meno inquietante, meno provocatorio nei temi e meno traumatico dei precedenti (nonostante il finale) ma è anche uno dei più emozionanti ed è quello che regala il momento più alto dal punto di vista della computer grafica. Tecnicamente impeccabile e straordinariamente confezionato ha in comune con Up il fatto che i primi minuti valgono l’intero film: la scena sotto la pioggia sono la cosa più bella che vi capiterà di vedere per lungo tempo ancora, così come la sequenza finale nel parco divertimenti. Dalla sua ha anche una scrittura impeccabile e una capacità di emozionare unica, ancora come fosse la prima volta. L’affezione per i personaggi, anche se messi decisamente in ombra dalle new entry, è ancora il motore che spinge lo spettatore a seguire con avidità ogni loro mossa e a interrogarsi con loro sul significato del senso del dovere, fino a dove bisogna spingersi per inseguire i propri ideali e quando è il momento di dare spazio alle proprie necessità?

La voce di Woody

At last but not at Least bisogna accennare anche alle voci italiane del film. Il doppiaggio esperto e sicuro di Angelo Maggi non fa rimpiangere il compianto Fabrizio Frizzi come interprete di Woody, così come un lavoro eccellente viene fatto su tutti i personaggi del film (i vip come Benji e Fede o Rossella Brescia sono stati posizionati dove non possono fare grandi danni). Discorso a parte Luca Laurenti nei panni di Forky. La sua riconoscibilissima voce stona un po’ col personaggio e gli impedisce di vivere di vita propria. Un peccato perché un personaggio già così iconico alla sua prima apparizione avrebbe meritato una voce altrettanto carica ma meno identificabile.

Visto con i bambini – La recensione di Toy Story 4

 Alex (10 anni) e Giorgio (8 anni) conoscono alla perfezione la saga di Toy Story che hanno visto e rivisto più volte negli anni e non vedevano l’ora di scoprire cosa sarebbe successo ai loro idoli. Alex, più grandicello, ha seguito con trasporto il ritrovarsi di Bo Peep e Woody, mentre Giorgio ha adorato i nuovi personaggi ed era contento che fossero tanti. I suoi preferiti? Ducky e Bunny, perché lo hanno fatto morire dal ridere, ma anche Duke Caboom con le sue insicurezze. Gabby Gabby e il suo esercito di manichini gli hanno fatto un po’ paura, ma appena ha scoperto le motivazioni che spingevano le loro azioni si è subito intenerito. Il finale totalmente inaspettato li ha scossi entrambi e già mi chiedono quando ci sarà un Toy Story 5, curiosi di scoprire verso quale infinito e oltre andranno i loro personaggi preferiti.

 

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