Visto con i bambini, la recensione de Il piccolo Yeti. La magia formato DreamWorks

Incantevoli paesaggi, forti emozioni e una creatura tutta da coccolare. DreamWorks animation ci regala uno dei suoi film più belli, completamente avvolto in una magica atmosfera musicale

Dopo la trilogia di Kung Fu Panda DreamWorks Animation ci riporta in oriente con Il piccolo Yeti, film realizzato insieme a Pearl Animation, nato originariamente come divisione asiatica della stessa DreamWorks. Un film magico ed emozionante che porterà i piccoli spettatori alla scoperta delle meraviglie della Cina, del vero significato dell’amore familiare e dell’amicizia più pura. Leggete la recensione de Il piccolo yeti, film visto con i bambini.

La recensione de Il piccolo Yeti

La trama

Dopo Smallfoot – Il mio amico delle nevi di Warner Bros Animation,e in attesa di Missing Link, il nuovo film LAIKA, anche DreamWork ha portato al cinema la sua versione di questa mitica leggenda. Il film è un emozionante viaggio che parte dai tetti di Shanghai per arrivare fino ai paesaggi innevati dell’Himalaya seguendo per più di tremila chilometri l’adolescente Yi e i suoi amici Jin e Peng mentre cercano di salvare il piccolo yeti Everest dalle grinfie di un collezionista senza scrupoli che vuole catturarlo per poter dimostrare l’esistenza di queste fantomatiche creature.

La magia DreamWorks

DreamWorks Animation ha da sempre un grande dono: farci credere nelle leggende e all’esistenza di creature mitologiche. Lo ha fatto con l’orco Shrek, con la saga di Dragon Trainer, rendendo addirittura i draghi degli affettuosi animali di compagnia, con i personaggi più amati dai bambini come Babbo Natale, la fatina dei denti e il coniglio pasquale (Le cinque leggende) e recentemente anche con gli allegri Trolls. E lo fa magicamente anche con questo film. In questa lunga schiera non poteva infatti mancare anche lo yeti, trasformato qui in un cucciolo bisognoso d’aiuto e di affetto. C’è qualcosa di più tenero agli occhi di un bambino se non un enorme cucciolo batuffoloso bianco che ha bisogno solo di essere abbracciato?

Everest infatti altro non è che un cucciolo di yeti catturato da un collezionista deciso a dimostrare l’esistenza di queste mitiche creature e per farlo si fa aiutare da una zoologa e da un gruppo di agenti senza scrupoli. Quando riesce a fuggire rifugiandosi sul tetto dell’adolescente Yi, la vita di tutti inizia a cambiare. La ragazza, incapace di venire a patti con i suoi sentimenti da quando è morto il padre, sogna solo di poter seguire le sue orme e di poter visitare i luoghi che il padre le ha mostrato in cartolina. Aiutare Everest a tornare a casa sarà per lei l’occasione per compiere un viaggio che non solo le farà vedere posti unici al mondo, ma le permetterà di tirare fuori un coraggio interiore che né lei né i suoi amici Jin e Peng sapevano di avere e di comprendere a quale luogo appartiene davvero.

Il dolore della crescita

Scritto e diretto da Jill Culton (animatrice e storyboard artists per Monsters & Co. e Toy Story 2, e già regista di Boog & Elliot a caccia di amici), il film esplora temi universali come l’amore familiare e la perdita. Due sentimenti fortisissimi che legano indissolubilmente Yi ad Everest. Mentre la ragazza invece non riesce ad elaborare il lutto del padre e per questo si è chiusa in se stessa non permettendo né alla madre nè alla nonna di perforare la sua corazza, Everest è stato separato dalla sua famiglia ed è incapace di tornare a casa da solo. Ed è proprio questo legame ad aiutare il pubblico ad entrare in relazione con i protagonisti del film.

La musica

Ne Il piccolo Yeti la musica gioca un ruolo di primo piano. Yi infatti suona il violino ereditato dal padre e usa la musica per esprimere i sentimenti che non riesce a palesare con le parole. Ed è proprio attraverso la musica che Yi riesce a entrare in contatto nel profondo con Everest, attivando così il suo magico pelo. Un film che non solo ricorda E.T. di Spielberg per il legame che si crea tra bambino e creatura mitica, ma anche film corali come Stand By me – Ricordo di un’estate, per la scoperta di sé di un gruppetto di ragazzi alle prese con questioni importanti alle prese con un lungo viaggio di formazione.

Visto con i bambini – La recensione de Il piccolo Yeti

Alex (10 anni) e Giorgio (8 anni) sono rimasti presto conquistati dal film ma per due motivi completamente diversi. Mentre Alex, già più grandino, si è immedesimato contemporaneamente in Yi – ragazza risoluta e indipendente, una sorta di maschiaccio non ancora pronta a rivelare il suo dolore – ma anche in Jin, ragazzo un po’ vanesio che però sente la responsabilità di prendersi cura del fratellino e dell’amica di una vita; Giorgio si è riconosciuto in Peng, il bambino capace di entrare in empatia con il piccolo Yeti attraverso la gioia del gioco. Entambi però sono stati travolti dalla magia che scaturisce dal film e che trasporta i piccoli spettatori non solo in paesaggi meravigliosi della cina, ma in luoghi dell’anima ancora inesplorati. Un viaggio che sarebbe davvero un peccato perdersi!

 

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