Enola Holmes è sbarcato il 23 Settembre su Netflix e da più di una settimana conserva il primato di contenuto più visto. Che la piattaforma di Los Gatos non renda noti gli ascolti è assodato da tempo, ma è evidente come il film sulla sorellina del detective più famoso al mondo con Millie Bobby Brown stia conquistando nuovo pubblico giorno dopo giorno, specie all’interno di quel range su cui Netflix punta da un bel pezzo.
Da The Kissing Booth a Tutte le volte che ti ho scritto ti amo, da Baby a Skam Italia, passando per Cobra Kai, è evidente infatti quanto il colosso dello streaming stia puntando sul target adolescenziale con grande ritorno di ascolti e la creazione di un proprio star system che spesso prima di approdare ad Hollywood è partito da qui.
I vari Noah Centineo, Jacob Elordi, Joey King, Finn Wolfhard, Natalia Dyer… arrivano da Netflix. Esattamente come la Millie Bobby Brown di Enola Holmes, che deve il suo successo al ruolo di Undici (Eleven) nella serie culto Stranger Things.
Enola Holmes sta spopolando su Netflix a ogni latitudine e piace molto al pubblico e alla critica statunitense, molto molto meno, però, a quella europea e a quella italiana in particolar modo, che ha arricciato il naso di fronte ai suoi vari difetti. Ma vediamoli, insieme ai lati positivi, dopo un breve riepilogo della storia.
RECAP: DI COSA PARLA ENOLA HOLMES
Enola viene cresciuta dalla madre Eudoria (Elena Bonham Carter) da sola (Alone, come suggerisce l’anagramma del nome della figlia) e in modo tale da non dover dipendere mai da nessuno. Invece di ricamo e collanine la ragazza si è nutrita di letteratura e ju jitsu, scacchi e tiro con l’arco, esperimenti scientifici e vita in campagna lontana dalla frastornante Londra, ma soprattutto in totale armonia e simbiosi con la mamma e lontana da qualsiasi presenza maschile, giacché il padre è morto quando la giovane era una bambina e i due fratelli maggiori hanno lasciato la casa natìa poco tempo dopo. Fino al giorno del suo 16esimo compleanno, quando Enola scopre che la madre è sparita senza un perché. Raggiunta dai fratelli, dovrebbe sottomettersi alla tutela del borioso e intollerante Mycroft che la vuole chiudere in un collegio per giovani lady e chiede l’aiuto di Sherlock, che le dimostra indifferenza. Decide così di scappare alla ricerca di Eudoria, ma si imbatte in un giovane nobile sprovveduto in pericolo, che decide di aiutare…
E ora vediamo insieme
PRO E CONTRO DI ENOLA HOLMES
PRO: VA GIÙ CHE È UN PIACERE
Pur con tutti i difetti che andremo a snocciolare, il film di Harry Bradbeer (Fleabeg, Killing Eve) ha un ritmo sostenuto, una successione incalzante di eventi, una protagonista trascinante ed energica, un cast di prestigio che vede accanto all’eroina principale diversi nomi cari al pubblico e provenienti da saghe amate dal target di riferimento (Henry Cavill, Sam Claflin, Fiona Shaw ed Elena Bonham Carter), un risvolto romance appassionante, tanta avventura, messaggi in codice da decifrare e decisioni difficili da prendere. Un giallo in piena regola, che – pur con qualche prevedibilità – si fa seguire fino in fondo.
CONTRO: COMING OF AGE SI FA PER DIRE
Il maggior divertimento di un coming of age o romanzo di formazione che dir si voglia è vedere l’evoluzione di un personaggio quando supera la linea d’ombra che separa l’infanzia dalla maturità. Osservare lo schiudersi del bruco/adolescente in farfalla/adulto. Peccato che Enola sia da subito fin troppo scafata. È vero che Eudoria l’ha allevata si da bambina a essere una combattente e che le doti investigative e di decifratrice appartengono al DNA di famiglia, ma il suo non avere mai un attimo di incertezza risulta pedante.
Quando Enola scappa di casa, la governante dice a Sherlock: “Non sa niente del mondo. Devo ammettere di essere seriamente preoccupata per lei“. Ma l’inesperienza “campagnola” di Enola non fa mai capolino nel racconto e questo è certamente un errore narrativo. Tanto valeva non includere quella frase nello script se l’unica ingenuità commessa dalla ragazza è quando si fa intortare dalla commerciante di abiti a prendere una camera d’albergo fatiscente e infestata dai topi. Per il resto del tempo, dal fingersi una vedova assistente del fratello investigatore al combattere e sfilarsi con l’inganno dall’aguzzino che sta dietro al giovane visconte/marchese e cerca di uccidere anche lei, non c’è mai ombra di un tentennamento nel suo agire. Rimanendo in campo di eroine, risultava più convincente la goffaggine di Gal Gadot in Wonder Woman, vero pesce fuor d’acqua quando dalla sua Themyscira sbarcava nella Londra dei primi del Novecento.
PRO: MILLIE BOBBY BROWN
La ragazza è bella, ha talento, volontà, disciplina e ingegno. Di questo film, che dovrebbe dare il via a un franchise (visto che la serie letteraria da cui è tratto – The Enola Holmes Mysteries di Nancy Springer – consta di sei volumi), è produttrice insieme alla sorella maggiore Paige. Non solo: le due hanno scritto un altro film, che verrà sempre prodotto da Netflix, dal titolo A Time Lost, storia della faida tra due famiglie che verrà sovvertita dal cancro di una delle giovani componenti di uno dei due clan.
Inoltre, tra la fine di questo 2020 e l’inizio del 2021 dovremmo vedere finalmente la quarta stagione di Stranger Things 4, interrotta in medias res a causa del Covid-19. E sappiamo già che, specie con la presunta morte del Capo Jim Hopper di mezzo, il ruolo di Undici sarà fondamentale.
Se ciò non bastasse, la giovane diva sedicenne ha già creato una sua linea di cosmetici, Florence by Mills (Florence è il nome della bisnonna, Mills il suo nickname), vegan e cruelty free. In pratica, a soli 16 anni, la Mills è già un brand, non a caso la più giovane tra quelle inserite nella classifica delle 100 persone più influenti al mondo secondo il Time già nel 2018.
“Il futuro dipende da noi” dice Enola alla fine del film e Millie lo ha capito prima di chiunque altro. In questo film, infatti, si pone come un vero e proprio role model rispetto alle sue coetanee con una consapevolezza fuori dal comune per la sua età.
CONTRO: MILLIE BOBBY BROWN (O MEGLIO, IL SUO EGO)
Va bene che ci ha messo soldi suoi, che le è stato cucito addosso e che è stato studiato per lanciare la sua carriera da protagonista, però ridurre attori molto più famosi e affermati di lei a figurine di contorno, perlopiù caricaturali come i disegni di Enola, ci è sembrato un po’ eccessivo. La Bonham Carter reciterà in tutto 10 minuti, Cavill e Claflin non molto di più.
E vogliamo parlare di quante volte Enola sfondi la quarta parete, rivolgendosi direttamente allo spettatore? E OK che Harry Bradbeer è stato anche il regista di Fleabeg, dove la protagonista aveva un dialogo diretto col pubblico, ma usare questo escamotage per tutto il film risulta francamente fastidioso, specie se con l’aggiunta di smorfiette e ammiccamenti vari.
PRO: LOUIS PARTRIDGE
Il giovane attore britannico che affianca la Brown è una bella rivelazione. Qui al suo primo ruolo di rilievo dopo l’esperienza nella serie I Medici e una scena tagliata in Paddington 2 si è rivelato il partner perfetto per fare da contraltare all’esuberante e infallibile Enola, proponendo una figura maschile sensibile e per nulla alpha, pur facendo breccia nel cuore delle spettatrici di Netflix.
CONTRO: LO SCRIPT È UN MANIFESTO FEMMINISTA PER LE GIOVANI #METOO RIDONDANTE
Nulla contro l’empowerment femminile, ci mancherebbe. Ma che noia quando è proclamato e spiegato fino alla nausea, quasi al limite del lavaggio del cervello. Per non parlare di quando è schematico. Vedi il ribaltamento di ruoli tra Enola e Tewkesbury. A lei piace combattere e risolvere misteri, a lui i fiori e la botanica; lei corre a braccia aperte verso il pericolo, lui vorrebbe rifugiarsi in qualche luogo nascosto; lei lo chiama “buono a nulla”, lui è cotto marcio.
Si aggiunga poi che la figura paterna non è pervenuta, i fratelli sono inutili se non addirittura degli ostacoli e per tutto il film non si fa che ripetere quanto una ragazza debba contare sulle proprie forze e rifiutare galateo e corsetti opprimenti.
Un po’ troppo insistente come manifesto per giovani fanciulle ribelli. Il problema qui non è ovviamente il cosa si dice (tutto sacrosanto), ma il come.
PRO/CONTRO: IL TRADIMENTO DI CONAN DOYLE
Il film è stato criticato per come tradisce la tradizionale caratterizzazione dei personaggi creati da Arthur Conan Doyle. Lo Sherlock di Cavill è troppo emotivo ed empatico rispetto alla sociopatia di quello originale; Mycroft non è il personaggio intelligentissimo raccontato nei romanzi, ma un rigidone conservatore con manie di controllo.
Queste “licenze” sono davvero un problema? Come detto prima, il vero limite è che Enola si mangia un po’ tutti i personaggi che la affiancano e tutto sommato in questo racconto young adult per la next gen uno Sherlock più sentimentale e col fisico di Superman può anche starci.
CONTRO/CONTRO: LA DURATA
2 ore e 3 minuti sono sinceramente troppe per un giallo young adult che vuole essere un puro prodotto di intrattenimento. Speriamo che la prossima volta si propenda per il “rito abbreviato”.
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