We Own This City – Potere e corruzione: la recensione della nuova miniserie degli autori di The Wire

Sequel spirituale della serie cult di David Simon, pietra miliare della serialità HBO, è basata sull’omonimo libro del corrispondente Justin Fenton del Baltimore Sun e si è vista in Italia su Sky Atlantic

We Own This City
PANORAMICA
Regia (2.5)
Interpretazioni (2.5)
Sceneggiatura (3)
Fotografia (2.5)
Montaggio (2.5)
Colonna sonora (2)

We Own This City – Potere e corruzione, la nuova serie creata da David Simon, non può che far pensare a un sequel spirituale del suo The Wire, pietra miliare della serialità HBO che, in 5 stagioni e 60 puntate, era stata in grado di radiografare come nessun altro prodotto audiovisivo degli ultimi vent’anni la società americana e le interconnessioni profonde alla base della sua violenza urbana, in un affresco orizzontale che abbracciava al contempo spaccio di droga, media e alta finanza.

We Own This City, scritta da Simon col fidato George Pelecanos (The Pacific, The Deuce) e diretta da Reinaldo Marcus Green (Una famiglia vincente – King Richard, il film dell’Oscar a Will Smith) torna nella stessa città di The Wire, la tentacolare Baltimora, ed è basata sul sul libro omonimo di Justin Fenton, giornalista investigativo nominato al Pulitzer del Baltimore Sun (nella cui redazione Simon stesso trascorse dodici anni): uno spaccato assai documentato sui casi di corruzione della Gun Trace Task Force del dipartimento di polizia.

Le scelte di casting la dicono già lunga sulla linea sottile e impalpabile che separa il bene del male (molti degli attori che in The Wire erano gli spacciatori qui interpretano i poliziotti) e la collocazione temporale, all’indomani delle delle proteste dei cittadini di Baltimora per la morte di Freddie Gray mentre era in custodia della polizia, è altrettanto inequivocabile, strascichi del Black Lives Matter compresi.

Rispetto a The Wire, con la quale i paragoni sono tanto telecomandati quanto inevitabili, si perde più di qualcosa in termini ampiezza di sguardo, visione d’insieme e risvolti chiaroscurali, con didascalismi più marcati e dinamiche da cupo buddy cop movie a tratti risapute, ma i feroci contraccolpi di una scrittura livida lasciano comunque il segno qua e là. E l’ex star di The Walking Dead Jon Bernthal, nei panni del sergente Wayne Jenkins, è notevole fin dal monologo iniziale. 

Foto: HBO

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